milano e la sinistra

Milano salute

 

Milano è una grande città, ma è una città triste, inquinata, stressante, è una città senza spirito. Milano è la capitale della moda, ma è anche la capitale dei tumori (la Lombardia fra le regioni italiane è l’unica che ha i tumori come principale causa di morte, in via approssimativa muoiono 1500 persone l’anno per questa malattia). La mortalità per AIDS è in riduzione, ma Milano resta anche in questo capitale. A Milano muoiono 110 persone l’anno per incidenti stradali. A Milano la gran parte delle periferie vivono nell’abbandono e nell’emarginazione.

  Da tangentopoli in poi tutto a Milano è diventato affare, i veri problemi sono rimossi, la città che conta si muove in altra direzione, trascina e nasconde, Milano è una città di pura apparenza.

 

Dobbiamo risalire al biennio rosso, nei due anni immediatamente prima del fascismo per trovare un sindaco socialista, Angelo Filippetti, medico, che ha messo al centro del suo intervento la lotta per la salute e contro l’emarginazione. Non per nulla aveva fondato i circoli rionali “fate largo alla povera gente”. In epoca più recente,  sull’onda delle lotte operaie Milano ha avuto un breve periodo nel quale la difesa della salute è stata messa al centro delle preoccupazioni sociali. Gli anni 70 hanno visto a partire dalle fabbriche un vasto interesse per la salute, decisivo fu di nuovo un medico, anche se non era sindaco: Giulio Maccacaro, direttore dell’istituto di biometria che ebbe fra i molti suoi meriti di portare l’epidemiologia in Italia e soprattutto di operare per il la difesa della salute   degli sfruttati.

 

Il sindaco è il responsabile della condizione della popolazione del suo territorio. Il consiglio comunale condivide questa responsabilità. Allo stato attuale per una modifica della legge 833/78 non sono più i sindaci a gestire il servizio sanitario anche se ad essi sono affidati dal DLg 299/99 (decreto Bindi) poteri di programmazione, di controllo e di giudizio sull’operato del direttore generale delle A-USL. I compiti del sindaco sono quindi comunque ampi, soprattutto il sindaco deve conoscere lo stato di salute della popolazione, prendere provvedimenti se le condizioni ambientali sono invivibili, se esistono pericoli incombenti, pure, per la direttiva Seveso, deve informare la popolazione dei rischi rilevanti cui è sottoposta.

 

Per un amministrazione diversa

Un’amministrazione diversa deve partire da qui, dal diritto alla salute della popolazione.. La salute non è certamente l’unico problema di Milano, tuttavia questo problema, proprio per la condizione materiale e morale in cui si trova la città, può diventare una sorta di “filtro”, cui fare passare tutti gli altri problemi. Occorre conseguentemente rifarsi alla storia delle lotte per la salute  e quindi al metodo che le hanno originate. Pertanto è necessario uscire e fare uscire dalla “delega”. I cittadini devono comprendere che nessuna amministrazione potrà assicurare nulla di buono senza che vi sia il loro apporto diretto, senza che in particolare vi sia il coinvolgimento e la partecipazione delle forze sociali organizzate, particolarmente quelle di base, piccole o grandi che siano e che sono, almeno relativamente, rappresentative dell’intera cittadinanza. I movimenti e le associazioni sono i principali soggetti di partecipazione di un comune. Forme di partecipazione alla vita del comune sono previste pure dalla legge 142/90.

  Mettere al centro la salute come modo per affrontare tutti i problemi di un comune è anche indicato  dall’organizzazione mondiale della sanità (OMS) che nel documento di Ottawa del 1986 indica alcuni prerequisiti senza i quali è impossibile esercitare il diritto alla salute. Essi sono: la casa, la scuola, i trasporti, la salubrità ambientale, la cultura, la sanità pubblica, l’assistenza sociale. Secondo questa concezione non si tratta di opzioni, dipendenti dalla entità della finanza pubblica, ma di un diritto perfetto (non di un interesse legittimo), in altri termini i servizi per dare risposte a tali bisogni essenziali costituiscono un diritto esigibile. Del resto il nostro ordinamento costituzionale stabilisce con chiarezza in modo preciso che il diritto alla salute e all’assistenza sociale è dovuto ed organizzato dallo stato (articoli 32 e 38 della costituzione), questo anche se si vuole fare passare il principio di sussidiarietà che relega lo stato nelle sue diverse articolazioni, a ruolo residuale. Su tale principio e su tutto ciò che ne segue, come i cosiddetti “buoni servizio”, esprimiamo la nostra più grande contrarietà.

 

LA SALUBRITA’ AMBIENTALE

  Occorre per primo identificare le cause che generano disagi, malattia e morte e cercare di formulare un piano di prevenzione per combatterle, per arrivare alla loro riduzione ed eliminazione. In proposito occorre promuovere un’indagine “lo stato di salute della popolazione di Milano   che inizi a raccogliere e ordinare i dati sparsi che già ci sono. In particolare va indagato oltre che sulla morbilità e mortalità, anche sulla condizione degli anziani non autosufficienti, sulla diffusione della malattia e sull’uso che fanno i milanesi degli psicofarmaci. Occorre ripetere a Milano quanto è stato fatto dagli epidemiologi di Torino, vedere la mortalità e la speranza di vita per classi sociali. Indicare poi in base a tutti gli indicatori quali sono  a Milano gli anni di vita persi.

  Sappiamo quanto è elevato l’inquinamento. Allo  stato attuale non vengono prese misure di alcun genere, almeno sul piano del traffico, per bloccarlo. Del resto anche la legislazione che definisce vari livelli di soglia, se superati i quali, dopo molto tempo e verifiche, si cerca di intervenire con la chiusura al traffico di una domenica o di un giorno qualche volta l’anno, non è altro che un palliativo. Si deve affermare, ancora una volta che per le sostanze cancerogene – e ve ne sono diverse dalle emissioni dei veicoli e delle centrali termiche e inceneritori – non esiste alcun livello di soglia che garantisca la salute. A Milano si possono rilevare (ma difficilmente viene fatto) inquinanti cancerogeni come le diossine, gli idrocarburi aromatici policiclici, l’amianto, mischiati con decine di altre sostanze tossiche che, come dice il giudice Gianfranco Amendola implicano misure radicali,  se si vogliono ottenere risultati apprezzabili sul piano della difesa della salute.

  Diventa prioritario costruire, con l’apporto dei movimenti e delle associazione oltre che di istituti qualificati, approntare un piano di salubrità ambientale, che affronti il problema delle emissioni delle centrali termiche, modificando il combustibile (metano, piuttosto che oli minerali, comunque oli minerali a basso tenore di zolfo e con abbattimenti totali). 

Per quanto riguarda i trasporti si deve arrivare nel giro di cinque anni alla chiusura al traffico della città dei veicoli a motore. Non prendiamoci in giro con il discorso della chiusura del centro storico con le eccezioni del caso. I livelli di inquinamento da traffico a Milano sono spaventosi come è spaventoso lo stress di chi guida. Non sembri questa (Milano come Zermat!) una posizione utopica, perché tecnicamente si è in grado di produrre motori elettrici a prezzi convenienti se evidentemente se ne possono produrre in quantità stabilendo a priori che nessun motore deve sviluppare una velocità superiore ai 60 km/ora. Certamente occorre verificare la possibilità concreta, che già esiste,   di privilegiare e incrementare il trasporto pubblico, l’uso delle biciclette e dei motorini elettrici.

Anche il controllo delle acque riveste un’importanza fondamentale per la salute. Anzitutto le aziende devono essere in grado di riciclare autonomamente le acque che impiegano. Non deve più essere data la possibilità di scaricare in fognatura le acque di produzioni in cui vengono impiegate sostanze nocive; per quanto riguarda lo smaltimento delle acque “civili” non è auspicabile la costruzione di mega impianti di depurazione, occorre piuttosto prevedere una rete di piccoli e medi impianti che siano, ben inteso, controllati e funzionanti. Occorre inoltre verificare se le condotte dell’acqua potabile sono fatte in cemento-amianto, vedere in che stato sono e conseguente fare un piano per la loro sostituzione. Restando al discorso dell’amianto considerando gli alti livelli di incidenza del mesotelioma della pleura della popolazione milanese, pur senza che vi siano state aziende che facevano produzione diretta di amianto, è necessario iniziare ad applicare la legge 257/92 che stabilisce di eseguire il censimento dei siti dove questo agente cancerogeno è presente   (vi è pure in proposito) una circolare applicativa della regione) e procedere a bonifica a partire dalle condizioni più contaminate. In particolare il sindaco deve emettere un’ordinanza che stabilisca che ogniqualvolta avvenga una bonifica di stabili (scuole, uffici, fabbriche o altro) devono essere presenti solo gli addetti alle bonifiche e coloro che controllano la sicurezza.

  Sui rifiuti solidi industriali e su quelli urbani il comune deve fare una politica di selezione e di reimpiego: Per i rifiuti solidi industriali, pur non essendo del comune la   responsabilità di programmazione e controllo, è possibile creare le condizioni per il riciclaggio e lo smaltimento con metodi diversi dall’incenerimento e dalla messa in discarica. Il comune deve verificare lo stoccaggio dei rifiuti all’interno delle aziende che li producono e deve impedire che i rifiuti tossico-nocivi vengano trasportati per la città e il territorio.

  Sui rifiuti solidi urbani le responsabilità del comune sono evidenti, come lo sono le possibilità di risolvere il problema in modo corretto: occorre arrivare a chiudere nell’arco del mandato del sindaco i due inceneritori di Milano, poiché essi sono fonte di grave inquinamento. Il comune deve fare un piano di raccolta differenziata con una grande campagna di informazione dei cittadini perché si sentano coinvolti (e sappiano che se si ottengono i risultati voluti, la tassa sui rifiuti verrà di molto ridotta). Certo alla raccolta differenziata deve seguire il riutilizzo e il reimpiego, quindi il comune deve fare accordi con una serie di aziende per quello scopo.

  Va considerato un problema che si è posto in questi ultimi tempi come nuovo: quello della nocività dei campi elettromagnetici. Anche se non esistono dati epidemiologici certi che dimostrano inequivocabilmente la loro nocività, vi sono buone probabilità che lo siano e quindi deve essere applicato il principio di cautela. Pertanto il comune deve emanare una regolamentazione restrittiva, che prevede anche una revisione della selva di antenne e di elettrodotti che dominano la città, nel rispetto di questo principio.

  Un’ulteriore fonte di disagio, quindi di malattia ed emarginazione, va ricercata nel degrado di molte abitazioni, in particolare nei quartieri periferici della città. Abitazioni e quartieri che sono sempre più case per emarginati  e quartieri di emarginazione. Il comune è il luogo in cui l’essere sociale dei cittadini deve trovare la massima espressione e sono i più deboli e i più disagiati che per primi devono essere considerati. Quindi la lotta contro il degrado delle periferie deve essere parte integrante di questo programma che può essere stilato a partire forse da quella che in Milano ci sembra essere l’esperienza più significativa, ovvero quella messa in atto e praticata dal Comitato di quartiere Molise-Calvairate.

 

TUTELA DELLA SALUTE NELLA SCUOLA

  Recentemente in Lombardia è stata abolita la cosiddetta “medicina scolastica”. Questa decisione è dovuta più che ad un’analisi critica della funzione delle strutture di medicina scolastica ha convenienze di ordine economico. In teoria quei compiti sono passati ai distretti e ai pediatri di base, in pratica, salvo eccezioni, a nessuno. Eppure il problema della salute nella scuola, quindi dell’educazione alla salute è assolutamente importante per porre le basi di una serie di comportamenti  individuali e collettivi che migliorano le condizioni di vita e di salute. Questo è un compito delle A-USL, a cui però il comune non può essere estraneo. Ad esempio l’alimentazione è un elemento fondamentale per la salute e se già le mense scolastiche sono costruite più per risparmiare che per fare un effettivo servizio agli scolari e agli studenti, soprattutto se dati in appalto a ditte esterne, si va esattamente in senso contrario. Il comune quindi per primo deve gestire in proprio le mense scolastiche che devono fornire un’alimentazione corretta riferita, per non dilungarci troppo su questo argomento, alla dieta mediterranea. Quindi a partire da un fatto concreto e materiale il comune può fare cultura sui comportamenti alimentari. Stesso discorso può essere fatto a proposito di come sono costruite le scuole, le aule, sulla pratica dello sport e dell’educazione fisica. Ed ancora dentro e fuori la scuola il comune può agire in ordine alla prevenzione del disagio minorile e giovanile. La scuola, visto che è stata resa più autonoma, nella più recente legislazione, non può limitarsi ai suoi compiti tradizionali di insegnamento, occorre che sia più aperta, anche fisicamente: le scuole, finite le lezioni, non devono chiudere, devono mettere a disposizione le proprie strutture per ogni sorta di aiuto ai bambini in difficoltà e ai giovani.

  Sul problema complessivo dell’uso delle scuole, dell’educazione alla salute, della lotta al disagio minorile e giovanile occorre definire un luogo di discussione a partire da quello che già esiste, ad esempio i comitati genitori, che il comune organizza allo scopo di definire un programma complessivo di intervento che ciascuno, secondo le proprie responsabilità, dovrà portare avanti.

 

I RAPPORTI COMUNE - USL 

E COMUNE E AZIENDE OSPEDALIERE

Abbiamo già visto come in alcune situazioni vi sia una relazione fra Comune e USL per salvaguardare la salute dei cittadini. In realtà questa relazione è poco chiara  e diventa sempre più difficile in quanto vi è la tendenza della sanità a scaricare alcuni suoi compiti fondamentali sui comuni, facendoli passare per assistenza sociale. Il comune deve chiarire bene questa demarcazione perché rischia di dovere fare fronte a compiti non suoi che non è in grado economicamente di sostenere. In generale si può dire che i compiti del sindaco sono quelli di tenere sotto controllo la situazione igienistico-ambientale, di richiedere con forza che vengano attuate certe misure (ad esempio alle aziende, a se stesso, ad altri enti pubblici) e di essere propositivo in termini di programma, di essere in grado di esercitare un controllo più politico che tecnico (sul funzionamento delle strutture sanitarie ad esempio), e di contribuire sul piano della attuazione della prevenzione perché non si verifichino fatti che possano portare a malattia e morte oltre che ad emarginazione sociale.

Il comune non ha il compito istituzionale di intervenire nei luoghi di lavoro in ordine alla prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, ma il suo compito politico diventa evidente in una situazione come l’attuale di loro  aumento, di non applicazione delle leggi, di perdita della memoria storica delle lotte operaie per la prevenzione e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Direttamente deve intervenire su stesso, sulle condizioni di lavoro dei propri dipendenti, sui suoi stabili, sulle sue strutture lavorative, visto che in Milano è probabilmente il più grande luogo di lavoro. Diverso è il discorso di prevenzione degli incidenti stradali che lo riguarda in prima persona. Non sono accettabili 110 morti all’anno per incidenti, tenuto conto che gli invalidi si calcola siano sette volte tanto, e che i costi sanitari e sociali sulla  collettività sono elevatissimi. Pertanto, considerando che i tempi di modifica radicale del sistema dei trasporti non saranno brevi, occorrerà da subito agire per: incrementare i trasporti pubblici e scoraggiare quelli privati; chiedere il più possibile al traffico alcune zone (non solo il centro storico), facendo delle isole pedonali, incrementare l’uso delle biciclette, naturalmente verificare l’impiego delle cinture di sicurezza. Intervenire sulla viabilità a partire dai luoghi dove si sono verificati più incidenti. Diverso ancora è il problema degli incidenti domestici di cui non conosciamo l’esatta entità a Milano, ma sappiamo che sono importanti: il comune può promuovere una campagna ed individuare dei luoghi di riferimento dove si possono raccogliere e dare informazioni sul problema.

 

  Vi sono inoltre una serie di soggetti che richiedono interventi congiunti fra comune e A-USL, dove però i contorni devono essere chiari e determinati.

1. Uno dei più grandi problemi è quello delle persone disabili che al di là delle questioni relative alla diagnosi, alle terapie, ai presidi sanitari e agli ausili (di competenza della sanità), il comune deve gestire con appositi servizi e strutture, esigibili per chi si trova in queste condizioni per togliere il più possibile e per quello che è possibile, gli ostacoli che limitano la piena espressione della loro personalità. L’abbattimento delle barriere architettoniche sono al tempo stesso un elemento materiale e simbolico a tale fine. Richiamano a “riprogettare la città”, non solo per i disabili e Milano che è piena di barriere architettoniche deve darsi un tempo per questo scopo. Medicina Democratica ed altre associazioni hanno sviluppato molto oltre che in senso culturale anche in senso materiale la progettazione di questi abbattimenti per i luoghi per i trasporti; non ultimo hanno lavorato su un tema altrettanto importante, quello della prevenzione dell’handicap. Per fortuna oggi non vi è più nessuno che dice “handicap è bello”, ma gli handicappati ci sono e se ne producono ogni giorno di nuovi: Qui ritorniamo agli incidenti stradali, domestici, sul lavoro e sportivi che rimandano al progetto che dicevamo prima. Oltre a ciò si deve affermare che i disabili devono poter utilizzare dei servizi e delle strutture a loro adatte, come i Centri socio-educativi, le comunità alloggio ed avere le opportunità di essere inseriti nella scuola e nel lavoro mantenendo esviluppando i servizi che ancora esistono (SIMEE, SIL).

2. Vi è poi una persona su cento in generale che viene colpito da malattia mentale grave ogni anno, per quelli colpiti da disagio psichico, specie depressione, sono molti di più (il 10%). Non sappiamo se questa percentuale a Milano viene superata, ma temiamo che sia così. Ad ogni buon conto se chiaramente il compito di fare fronte ai problemi sollevati dalla malattia mentale e di approntare le strutture relative, è della sanità, non si può trascurare l’apporto che il comune può dare sicuramente in ordine alla prevenzione del disagio, ancora mettendo a disposizione strutture fisiche per la creazione di strutture protette (Comunità terapeutiche, Comunità alloggio ecc.), non ultimo per favorire l’integrazione sociale. Oggi – si veda le denuncie del comitato inquilini Molise-Calvairate - si va in tutt’altra direzione: si abbandonano decine di persone con disagio mentale in solitudine in piccolissimi appartamenti nei quartieri più disagiati, peggiorando la loro condizione e creando problemi anche ad altri.

3. Anche i tossicodipendenti sono una grave realtà per Milano. Oggi il fenomeno è cambiato rispetto ad oltre dieci anni fa, per cui non apparendo come prima, viene socialmente rimosso. Questo è un grave errore. Anche qui il comune ha un compito di prevenzione che si inserisce in quello più generale di prevenzione del disagio e dell’emarginazione giovanile e poi può favorire tutte quelle iniziative di riabilitazione che sono compito specifico delle A-USL. Perché il comune possa intervenire adeguatamente è necessario che riunisca operatori e associazioni che di questo si occupano e discuta di quale progetto può essere portatore. In particolare il comune può proporre e rendere disponibili i mezzi necessari per potere fare una sperimentazione di distribuzione controllata delle cosiddette droghe pesanti secondo le modalità scientifiche ormai acquisite, rivolta a quei soggetti tossicodipendenti impermeabili a qualsiasi altro trattamento.

4. Gli anziani cronici non autosufficienti a Milano sono  intorno ai 12.000. Circa il 30 % sono ricoverati, mentre i rimanenti si trovano in famiglia. Nella gran parte dei casi sia in costanza di ricovero che nelle abitazioni proprie o dei famigliari queste persone che sono gravemente malate sono in condizione di emarginazione o addirittura di abbandono. A Milano vi è il più grande istituto per cronici italiano, il Pio Albergo Trivulzio  dove sono ricoverati oltre mille persone. Gli scandali cui è stato oggetto il PAT e gli altri più recenti scandali e vicende del consiglio di amministrazione forse hanno oscurato l’inaccettabile condizione dei vecchi malati ivi ricoverati (o ospitati come qualcuno si ostina a dire). Il problema non è quello delle cure mediche che sono somministrate, piuttosto è la condizione di definitività del ricovero di queste persone, della mancanza di personale, degli spazi ristretti, non ultimo delle impossibili rette da pagare. Il comune di Milano proprietario e gestore  della struttura deve chiedere alla regione di assumere, come stabilisce la legge l’incombenza dei cronici a partire dalla trasformazione del PAT in ospedale, della riduzione del numero dei letti e dell’apertura per tutta Milano di un servizio di cure domiciliari. Non solo si deve affermare che gli anziani cronici non autosufficienti sono dei malati, in tutto curabili dalla servizio sanitario regionale, ma che le modalità di cura non possono essere più quelle dell’istituzionalizzazione totale. Il comune inoltre può e deve predisporre un progetto in sintonia con le associazioni del volontariato dei diritti e gli operatori competenti  che operano in questo campo di prevenzione della non autosufficienza.

5. Quanti sono gli immigrati extracomunitari a Milano? Diciamo che sono tanti sapendo che è molto difficile stabilirne l’entità. Certo che il comune deve fare una politica rovesciata rispetto a quella corrente, che è quella dell’emarginazione, dell’indifferenza o del rinvio di queste persone al loro paese (salvo quelli impiegati come forza lavoro sfruttata), ovvero deve fare una politica di accoglienza e di inserimento. Anche su questo si devono interpellare – per costruire con loro – le associazioni che operano nel campo insieme alle organizzazioni degli emigranti. Occorre riempire di contenuti questa politica dell’accoglienza e dell’inserimento. Si potrebbe dire per eliminare le guerre fra poveri occorre dare dignità a poveri, quindi toglierli dalla loro condizione. In quanto a strutture abitative, possibilità di utilizzare i servizi, difesa dallo sfruttamento intensivo del lavoro gli immigrati sono uguali agli altri cittadini con difficoltà ulteriori di lingua, di mentalità di cultura. Facciamo anche la politica di sicurezza degli immigrati.

6. Il comune deve intervenire nei confronti di altri soggetti e fenomeni, come i senza fissa dimora e la prostituzione, non ultimo le carceri pur sapendo le gravi difficoltà che possono frapporsi a questi interventi. Ancora una volta deve rapportarsi a chi ha studiato il problema a chi vi opera già. Progetti possono essere costruiti insieme.

 

CONCLUSIONE

I concetti fondamentali che emergono da questa bozza di progetto sono due. Il primo riguarda la necessità di partecipazione della popolazione, il secondo il rovesciamento concettuale della funzione del comune. Quanto al primo, altrimenti detto della non delega, si può prefigurare una grande assemblea delle associazioni una volta l’anno per esaminare i problemi e i progetti più importanti che vengono posti alla città; insieme a questo si possono prevedere dei comitati di partecipazione di quartiere che discutono sui problemi generali della città e particolari del quartiere. Occorre precisare comunque per evirate equivoci che tutto questo nulla toglie alle funzioni del consiglio comunale,  che anzi agisce in funzione di sintesi e in funzione dialettica, visto la grande discussione che si apre su ogni problema importante; il secondo dà al comune il suo vero significato,   essenzialmente il comune esercita una funzione sociale di ridistribuzione, per quanto di sua competenza, si impernia sui più deboli, agisce per salvaguardare la salute e la condizione di dignità dei suoi cittadini, cioè di tutti coloro che sono sul suo territorio.