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Punti
di partenza
Riflessioni a botta calda sul 13 maggio. Ai
dirigenti della sinistra: lasciate Vespa e i guru, tornate nelle città e
nei paesi. A noi stessi: non arrendiamoci e non deprimiamoci, lavoriamo
insieme. E mandiamolo a Saint Helene
STEFANO BENNI
Cara Rossana e cari compagni, avrei
preferito aspettare un po' per questo intervento, credo più ai tempi
lunghi della scrittura che a quelli affannosi della videochiacchiera, ma
le molte sollecitazioni non mi permettono di riflettere ulteriormente, e
forse ragionare "a caldo" può far perdere in precisione ma
guadagnare in passione.
Qualche compagno mi guarda stupito perché sono incazzato ma non depresso,
e mi dichiaro pieno di idee e iniziative. Inebriamento da opposizione?
reazione isterica? incoscienza senile? Intendiamoci, non sottovaluto cos'è
accaduto, ma vorrei spiegare perché, insieme al male della ferita, sento
la naturalezza e la libertà di guarire.
Dico subito che comprendo le polemiche, e trovo necessario e fisiologico
che volino parole grosse. Ritengo che Nanni Moretti abbia tutte le ragioni
di esprimere la sua rabbia, perché nel suo impegno politico è stato
coerente almeno quanto Bertinotti, in questi anni difficili. Anni, non
dimentichiamolo, durante i quali la sinistruzia non ha certo creato un
paradiso da cui ora siamo scacciati.
Trovo misteriosa la critica che gli si muove di "parlare dal festival
di Cannes". Da dove dovrebbe parlare, da un comitato centrale? Unico
dubbio che gli insinuo: forse guardando "Sconfitta rossa"
stavolta è entrato in ritardo e ha visto solo gli ultimi dieci minuti del
film.
In quanto a Bertinotti, sicuramente è ingiusto e cieco dare a lui tutta
la colpa di una sconfitta che non è maturata il tredici maggio. In questi
ultimi anni e anche prima, la sinistruzia ha coltivato, tenuto in vita,
ossigenato Berlusconi, senza mai avere il coraggio di sfidarlo davvero. Un
mese di campagna elettorale in cui Berlusconi è stato descritto per
quello che è veramente è, non cancella anni di patteggiamenti,
compromessi, omissis e salvataggi in extremis.
A Bertinotti, amichevolmente, un solo appunto. Lasci per qualche mese i
salotti televisivi che ama e dove è tanto amato, e venga a discutere
delle sue scelte con la gente. Troverà qualche critica in più, ma una
situazione più vera, e anche vera solidarietà.
Alla centro-sinistruzia, cosa posso dire? Non sono un politico,
l'opposizione non mi spaventa e non confondo il perdentismo masochista con
la difesa di idee non maggioritarie. Trovo che la giustizia di un'idea,
non la sua vendibilità, sia il motore di qualsiasi trasformazione. Ma
dato che la sinistruzia delle grandi strategie ha perso, dilapidando il
voto di metà del paese, provo a dare qualche modesto consiglio. Gli do
del tu, perché ieri mi è arrivato a casa, in ritardo, un depliant con
scritto "tu, elettore di sinistra" e ricambio.
Il primo: tu, dirigente di sinistra, non provare a riabilitare Berlusconi
per legittimare un'opposizione comoda. Hai già fatto molto per lui, non
esagerare.
Il secondo, ingeneroso ma non troppo: alcuni dirigenti dell'Ulivo
farebbero bene a tornarsene a casa, o in barca. Sarebbe dignitoso. Ma
forse chiedo troppo, in un paese dove Dell'Utri è deputato e Agnelli
indossa la livrea da chaffeur da un giorno all'altro.
Il terzo. Mettetevi a dieta di televisione. La televisione è depressa e
depressiva, abbassa le speranze, i desideri, le differenze fertili della
società e affidare a lei il novanta per cento della discussione politica
significa perdere oggi e domani. Il mio anticatodismo sarà forse
un'ossessione, ma la vostra dipendenza dal video è anche più patologica
e dannosa. Credo non sia un caso che la sinistruzia, talvolta la sinistra,
abbia vinto dove ci sono più luoghi di discussione comune, meno vippismo
teleromanista o milanocentrico. La Casa delle assoluzioni (giuridiche e
confessionali) ha un padrone, la sinistruzia ha una decina di padroncini,
e insieme occupano il novanta per cento della cosiddetta infosfera. Adesso
basta, carissima sinistruzia, ritorna a discutere paese per paese e città
per città e riduci il consumo di dibattiti televisivi, da quaranta al
giorno a tre dopo i pasti. Siete intossicati di Vespa, uscite dal tunnel.
E smettetela anche coi consiglieri di immagine che vi mollano alla prima
sconfitta, e coi guru americani. Per evitare la figura che avete fatto,
non era necessario un look-maker Usa, bastava uno psicologo Usl. Imparate
dal cavaliere che ha vinto con pochissimi mezzi: dieci chili di fard,
qualche migliaio di miliardi di promotion e la Zanicchi.
Quarta cosa: vogliamo ridiscutere della guerra e di Mani Pulite, vogliamo
discutere dell'ambiente e del terzo mondo, vogliamo discutere della
scuola, di aborto, di eutanasia. Organizzate in ogni città, non per un
solo giorno, ma per mesi, dei forum aperti ai cittadini su questi temi. La
gente verrà. Non radunate gli elettori solo per i concertoni. Imparate
dai centri sociali, che sono molto più seri e politicamente complessi di
voi.
Ai compagni che non si riconoscono nella sinistruzia: fate lo stesso,
organizzate nuovi luoghi di dibattito comune, di incontro, di scontro.
Sarebbe bello che nessuno dovesse più dire: vorrei dividere il mio
disagio, vorrei discutere e impegnarmi su queste cose, ma non so dove e
con chi. Prima di duellare col nemico, e ce ne sarà l'occasione, bisogna
ricominciare a essere vicini e lavorare insieme, non basta più commentare
insieme la televisione e i giornali del giorno dopo. Se l'Italia diventerà
un'azienda, creiamo dei bei dopolavori e nuovi luoghi di crumiraggio,
resistenza, fratellanza. Ce ne sono, ma non abbastanza. Se dentro questi
luoghi si litigherà molto, tanto meglio.
A me stesso, cosa posso dire? Anzitutto che non vedo perché dovrei
partecipare a una fustigazione collettiva. Ho la coscienza abbastanza
tranquilla come l'hanno migliaia di compagni. Il fatto che questo non sia
bastato, non mi toglie le ragioni passate, le battaglie giuste che sento
di aver fatto, le grida inascoltate che si sono rivelate vere. Ma una
coscienza quasi tranquilla, di questi tempi, è un lusso che può creare
una beata paralisi, perciò mi regalerò dei consigli e delle
autocritiche, notoriamente più moderate delle critiche.
Primo: confesso che non sono mai andato ai raduni della sinistruzia, ho
fatto male, mi sarei rotto le palle ma avrei potuto farmi ascoltare di più,
è un peccato di pigrizia e snobismo che cercherò di correggere. Ma
intendiamoci, mi interessano le riunioni serie e non le recite catodiche o
i buffet di rappresentanza.
Secondo: per amore di bandiera non ho mai spiegato fino in fondo le
insoddisfazioni e i disagi che mi hanno talvolta allontanato dal manifesto.
D'ora in avanti lo farò.
Terzo: ho criticato spesso gli artisti e gli intellettuali di sinistra
perché stavano zitti, perché mi sembravamo trasformati in caricature di
fiacchissimo impegno. Alcuni hanno continuato a nascondersi sotto il
divano, ma altri si sono schierati con decisione. Continuo a ritenere
mortale l'abuso di telepolitica e non ritiro, ad esempio, le vecchie
critiche a Benigni a Santoro, ma proprio perché li ho criticati, ora
aggiungo la mia sincera solidarietà per quello che hanno fatto, e li
difenderò a spada tratta dalle vendette del nuovo Minculpop.
Quarto: non ho ancora imparato a mandare bene le e-mail.
Quinto: il due maggio ho consegnato a un amico un foglietto con una
previsione sulle votazioni del senato. Diceva: Casa delle Assoluzioni
quarantaquattro, Ulivo quarantuno, Rifondazione quattro e mezzo. Se mi
volete credere, bene, se no ciccia. Ma se avete creduto all'Abacus,
potreste credere anche a me. Quindi la colpa è mia: se avessi telefonato
a Bertinotti chiedendogli un' ultima, disperata desistenza forse avrebbe
ceduto e avremmo pareggiato al novantesimo.
E poichè ho azzeccato la mia ennesima profezia e i guru vanno di moda, mi
spingo a un'altra previsione.
Berlusconi non passerà un anno e mezzo di legislatura, forse meno.
Intendiamoci, niente di violento, anzi, una volta finito il Berlusconi
due, vivrà felice a Saint Helene, un'isola delle Cayman dove ha
riprodotto Arcore pezzo per pezzo, compresa la nebbia artificiale e lo
smog. Starà sdraiato al sole, con Fede coperto di miele che gli tiene
lontano le vespe, Agnelli che lo sventola e Bossi che sbraita chiedendo la
separazione dalla zona sud dell'isola. Ovvio che con questa profezia mi
espongo a una figuraccia, ma mi prendo tutta la responsabilità.
Ed ecco invece le cose che farò, senza firmare contratti e senza giurare
sugli innocenti. Tenterò di scrivere con cadenza settimanale, su Repubblica
e il manifesto. Proseguiranno i seminari di Bologna insieme a
Libero Mancuso e tanti altri amici, ne terremo dieci tra questa fine anno
e il duemiladue, il gruppo Lupo continuerà a funzionare a pieno ritmo,
tra un mese circa troverete allegato al manifesto il video di
"Blues in sedici" a sostegno del giornale, girerò per le
librerie, i teatri, i vicoli e i centri sociali, imparerò a usare bene
Internet.
Ultima cosa, cercherò di essere riconoscente. Avere speranza nei momenti
difficili è forse il primo motore non solo di un'anima di sinistra, ma di
chiunque non consegni la sua vita a un padrone. Io, tutti noi, dobbiamo la
nostra libertà a persone che hanno avuto speranza in momenti difficili.
Ecco il momento per esprimere la nostra riconoscenza a chi ci permette
oggi di iniziare una battaglia politica che non è persa in partenza e in
cui noi abbiamo ancora tutte, dico tutte le armi per mantenere la
democrazia in Italia.
Così, cara Rossana, ho scritto prima di avere le idee chiare, ma con
qualche idea chiarissima. Soprattutto una: in questo paese non mi sento
rassegnato, solo e straniero, e vorrei aiutare e scuotere chi si sente in
questo modo. Non mi arrendo: lo dico senza sentirmi assediato, e senza
bisogno di odiare il nemico, ma desiderando un paese profondamente diverso
da quello che ho vissuto finora e da quello che sembra prepararsi. E
questo paese, lo sai bene, galleggia dentro un mondo ancora più
sofferente e minacciato di lui.
Tutto qui. La mia analisi forse è semplice, ma non nasce da suggestioni
televisive o dalle rassegne stampa. Nasce da quello che ho visto e sentito
intorno a me, in questi anni e in questi giorni.
La storia giudicherà il cavaliere, ma giudicherà anche noi. Tra
settant'anni, quando ci ritroveremo a lanciare l'ennesima colletta per il manifesto,
non vorrei leggere che la sinistra italiana finì la sua lunga marcia il
tredici maggio duemilauno. Credo che nel 2435, quando gli abitanti di
Sirio scenderanno sul nostro pianeta arrostito, tra Gramsci e Buttiglione,
troveranno tracce del primo.
Concludo, cara Rossana. Siamo ancora liberi, in un mondo dove due terzi
delle persone non possono permettersi i nostri sogni e i nostri discorsi,
e molti di noi dovrebbero rendersi conto di essere fortunati e
privilegiati. Che non vada persa nessuna riflessione su questa dura,
tristissima sconfitta, ma anche nessuna goccia di durissima, appassionata
resistenza. Lo dobbiamo a chi si è battuto e si batte soffrendo più di
noi, con meno speranze e più pericoli. Ti abbraccio insieme a tutti i
compagni del giornale, ti aspetto al seminario e se vuoi un libro che
parli della tua vita da distribuire in ventisei milioni di copie agli
italiani, sono pronto a scriverlo.
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