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L'unità
col senno di poi
La sinistra in analisi. Amato, Salvi
e Tronti su come si ricomincia
MICAELA BONGI -
ROMA
Il neo sindaco di Roma Walter Veltroni
deve ancora salire sul palco in piazza del Popolo per festeggiare la sua
elezione, sostenuta dall'Ulivo e da Rifondazione comunista: "Anche
alle politiche, se il centrosinistra fosse stato tutto unito, avremmo
vinto", dirà. Per il presidente del consiglio uscente, Giuliano
Amato, la soluzione per vincere sarebbe stata semplice: il doppio turno di
coalizione. "C'era una proposta di modifica del sistema elettorale a
firma Amato-Villone. Dovrebbero fare tutti per sei mesi il mea culpa
per non aver fatto quella riforma".
Ma la soluzione tecnica non basta certo - nemmeno per Amato - a rispondere
alle domande che il risultato delle elezioni del 13 maggio ha consegnato
alla sinistra, uscita nel suo complesso dalle urne con le ossa
pesantemente rotte. Con Amato ne parlano, interrogati da Ida Dominijanni,
Cesare Salvi e Mario Tronti in occasione della presentazione del
libro-intervista di Ersilia Salvato con Eugenio Manca, Le parole del
mio tempo (ne scriviamo a pagina 14). E già il percorso politico
della ex vicepresidente del senato, dal Pci a Rifondazione comunista, dopo
la svolta, e poi un breve tratto con Cossutta dopo la caduta del governo
Prodi, infine l'approdo nei Ds, è lo spunto di una riflessione sugli
ultimi dieci anni. Ma alla sola idea che dopo l'ultima sconfitta la
sinistra torni sul lettino dello psicanalista Amato ha un sussulto:
"Non dobbiamo passare due anni di tormentate sedute e scoprire chissà
quali traumi infantili. Questa è la modalità di autodistruzione che la
sinistra ha sempre scelto. Non nego che ci sia un problema, ma i modi per
risolverlo sono politici". E il dottor Sottile li individua nel libro
di Ersilia Salvato, sposandolo in toto, pro domo sua. "La
sinistra - dice - deve interpretare il bisogno di libertà, ma anche
liberarsi della dicotomia delle due sinistre, che fa solo danno". E
quale tradizione meglio di quella socialista ha saputo interpretare meglio
la "libertà come autoassunzione di responsabilità nei confronti di
sé e degli altri"?.
Basta la storia, insomma, e non serve l'autocoscienza postuma, per
dimostrare che la ragione, tra i socialisti llibertari e i comunisti
liberticidi, sta dalla parte del dottor Sottile. E il tema della libertà,
aggiunge Amato, è importante per agganciare quelli che, con metafora
tennistica, il premier definisce i "non classificati". Detto
questo, propostosi come incarnazione della cura, per Amato la divisione a
sinistra, a parte le "ragioni burocratiche: più gruppi parlamentari,
due segretari, due fax, due finanziamenti pubblici...", è dannosa
perché "massimalisti e riformisti hanno un disperato bisogno gli uni
degli altri. I massimalisti sono efficaci analisti delle situazioni da
affrontare, ma mancano di soluzioni adeguate all'intensità della loro
denuncia. I riformisti sottratti all'humus dei massimalisti
finiscono per trovare soluzioni semplici non legate alla profondità del
problema, quindi per non trovare la soluzione". Infine le tre sfide
lanciate da Salvato nel suo libro: l'Europa - "arena minima per far
politica, perché non si può combattere la globalizzazione con un partito
il cui unico problema è raggiungere la soglia di sbarramento in
Italia" - la libertà, appunto, e lo stato leggero. Ottimo l'esempio
della legge sulla fecondazione assistita fatto dall'ex senatrice diessina,
secondo Amato. Peccato che non se ne sia accorto prima. Ma ora il dottor
Sottile ha tutto l'interesse a dirsi "completamente d'accordo con
questo libro, forse perché sono socialista da sempre".
A questo punto Cesare Salvi vuole fare qualche distinguo: "Davanti
all'uscio dell'analista si presentano due rischi: o non ne esci più o
neghi di averne bisogno". Insomma, un po' di analisi alla sinistra
farebbe bene. Col senno di poi, nota il ministro del lavoro, tutti dicono
"bastava fare le alleanze". Prima, c'è stata invece una
presunzione di autosufficienza, quindi ora è necessaria "un po' di
umiltà". Perché, si chiede il diessino, la Quercia perde due
milioni di voti non intercettati da altre forze della sinistra? Su questo,
se non due anni di terapia, una discussione andrebbe fatta. Quanto
all'analisi del decennio, Salvi vuole salvare "il coraggio
dell'innovazione" e la scelta di "collocarsi sul terreno della
democrazia dell'alternanza, candidandosi per il governo". Vade retro,
invece, la "teoria dell'oltrepassamento". Ovvero: "Mi sono
stancato di fare nuovi partiti, che significa anche non fare conti con una
storia, e la rimozione si paga". Secondo, e l'affondo è rivolto
anche al predecessore di Amato, Massimo D'Alema, è da buttare
"l'idea della modernità da assecondare comunque, che porta a vedere
il sindacato come un freno, a una subalternità culturale".
Dall'altra parte, aggiunge Salvi all'indirizzo di Bertinotti, c'è
"una deriva ideologica", ma "oggi il confronto con il Prc
deve essere nel merito". Terzo vizio del decennio, "il
leaderismo come personalismo. C'è un'autoreferenzialità impressionante,
abbiamo scelto premier, vicepremier e candidato sindaco senza confronto.
Abbiamo sentito dire 'è meglio non confrontarsi perché non siamo
d'accordo'. Credo che sia un problema di Francesco Rutelli".
Infine, più che una resistenza a assumere il tema della libertà, un
dubbio legittimo: "Come si fa a uscire dalla logica di subalternità
al liberismo? Se il socialismo liberale è questo, sono contrario".
Da Tronti, che a confrontarsi sul terreno della libertà non ha problemi,
visto che lo propone come terreno principe da anni, l'invito a considerare
fondamentale l'organizzazione del conflitto. E un auspicio: che si arrivi
non alla scomposizione del centro, ma a un suo esaurimento, e alla
contrapposizione tra una sinistra e una destra che si ridefiniscono.
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