Il
leader della Cgil: "I vertici aprano il dibattito
ma evitino la resa dei conti e facciano un passo indietro"
Cofferati: "Ds, dopo la sconfitta
congresso
vero e nuovi leader"
"Ci
vuole subito il governo ombra con D'Alema ministro Io segretario? Ho un
impegno col sindacato fino al 2002"
di
MASSIMO GIANNINI
ROMA
- Sergio Cofferati scende in campo. Sferza la sinistra, "seccamente
sconfitta" al voto del 13 maggio. Non si candida, oggi, alla guida
dei Ds. "Resterò alla Cgil fino alla primavera del 2002". Non
può andarsene adesso che si profila uno scontro durissimo con il governo
Berlusconi sul Dpef e sulla Finanziaria. Ma propone la sua ricetta.
"Il partito deve ritrovare la sua identità. Bisogna convocare subito
il congresso per eleggere il nuovo segretario". Dice un no grosso
come una casa all'ipotesi di assemblea congressuale per la nomina di un
segretario pro-tempore che gestisca il congresso vero e proprio.
"Sarebbe uno schiaffo in faccia agli elettori". Così si mette
di traverso, nell'ennesimo braccio di ferro tra D'Alema e Veltroni. Indica
il percorso all'alleanza per i prossimi mesi: "Bisogna creare subito
un governo-ombra, guidato da Rutelli e da Fassino, che dia battaglia
contro il Polo in Parlamento". Ma anche se non lo dice, non si può
escludere che nel prossimo autunno, se la Margherita avrà trovato una sua
fisionomia definita e il congresso diessino glielo chiederà, lui possa
guidare i Ds verso lo sbocco che ritiene più urgente: "Niente
partiti unici o Cose 3, ma un vero partito della sinistra, nel solco del
socialismo europeo".
Cofferati, partiamo dai Ds.
"Partiamo dal centrosinistra, invece. La sconfitta elettorale è
stata evidente. Il voto del 13 maggio, e anche i ballottaggi di domenica
scorsa, hanno evidenziato elementi di novità interessanti. La coalizione
ha mostrato segnali di vitalità al Nord e nelle grandi città. Il Paese
non ha ceduto alla deriva pericolosa del populismo mascherato da una
patina di liberismo, rappresentato dal centrodestra. Tuttavia, ha affidato
proprio al centrodestra il compito di governare".
Il centrosinistra ha colpe da farsi perdonare. E' così?
"Sì, ma con alcune singolarità. Lo schieramento di
centrosinistra, rispetto al '96, ha migliorato le sue performance. Se si
sommano Rifondazione e Di Pietro, l'Ulivo ha ottenuto più voti. Il
centrodestra, al contrario, ne ha ottenuti di meno. La ragione più banale
per spiegare la sconfitta, quindi, è che il centrodestra ha ritrovato
l'unità perduta nel '96, ed ha vinto, mentre il centrosinistra si è
diviso, ed ha perso".
Allora ha ragione Nanni Moretti, a dire che Berlusconi deve ringraziare
solo Fausto Bertinotti?
"Bertinotti ha una forte responsabilità, nelle condizioni in cui si
è arrivati al voto. Rifondazione comunista si è consolidata come una
sinistra antagonista e massimalista, indisponibile a un accordo di
programma con la sinistra riformista. Ma quest'ultima, a sua volta,
avrebbe dovuto darsi una caratterizzazione molto netta, un profilo di
sinistra vera, moderna, europea. E in questo modo sarebbe stato forse più
semplice trovare una convergenza sufficiente, quanto meno per non subire
danni dai meccanismi della legge elettorale".
Perso questo profilo, perse le elezioni. E' questa è la sua analisi?
"Sì. Nel corso della legislatura si è persa la radicalità
riformatrice della sinistra, il rigore assoluto del suo riformismo. Che
naturalmente è cosa totalmente diversa dal massimalismo. Ma che deve
essere percepita anche come totalmente diversa dal riformismo laico e dal
riformismo cattolico. Purtroppo la sinistra non è riuscita a marcare
questa distinzione. E questo ha pesato, nell'esito del voto".
Così il Cavaliere ha vinto. E ora la sua preoccupazione è che vada a
governare con il supporto della Confindustria di D'Amato, vero?
"C'è un evidente collateralismo, tra Confindustria e il nuovo
governo Berlusconi. L'assemblea degli industriali della scorsa settimana
ha ribadito, in peggio, lo stucchevole balletto di Parma. D'Amato ha
dettato al nuovo governo le sue priorità, per il Dpef e per la prossima
Finanziaria. Ha chiesto 'scelte impopolari', tradendo una volontà
punitiva nei confronti dei lavoratori e dei pensionati. E Berlusconi si
dichiara pronto. Con ricette inaccettabili su scuola, sanità, previdenza
e diritti. Se confermeranno le loro intenzioni, Berlusconi e D'Amato
troveranno la Cgil sulla loro strada. Ma questo non può bastare. Le parti
sociali hanno fatto supplenza politica solo nel '95, col governo Dini che
era privo di una vera maggioranza parlamentare. Oggi, da cittadino
elettore, mi aspetto che l'opposizione ferma e rigorosa la faccia il
centrosinistra in Parlamento".
Lei dubita che ne sia capace?
"Il centrosinistra deve costituire al più presto un
governo-ombra, che si contrapponga in Parlamento in modo rigorosissimo, e
con la forza del programma che ha presentato in campagna elettorale, al
governo ufficiale. Dovrebbero guidarlo quelli che in campagna elettorale
sono stati scelti come candidati alla premiership. Francesco Rutelli e il
suo vice, Piero Fassino. Ma poi dentro dovrebbero esserci le personalità
più autorevoli dello schieramento, che possono vantare esperienze di
governo più solide rispetto ai loro avversari, a partire dagli ex
presidenti del Consiglio".
Per esempio?
"Massimo D'Alema sarebbe un ottimo ministro degli Esteri del governo
ombra".
Cofferati, scherza o fa sul serio? Si parla di un D'Alema pronto a
riprendersi la sinistra italiana, e lei lo confina al governo ombra?
"Io dico che del governo-ombra c'è un gran bisogno. Il rischio, in
caso contrario, è che l'Ulivo si svalorizzi, che perda visibilità e
forza. Nel frattempo, il governo-ombra consente ai soggetti che lo
compongono di ridefinire se stessi. La Margherita dovrà decidere se
diventare un partito, e in base a quale profilo politico. Io auspico che
ci sia una valorizzazione della cultura dei riformismi cattolico e laico.
Allo stesso modo, gli altri partiti minori, come i socialisti o i verdi,
potranno decidere le loro forme di aggregazione".
E così arriviamo ai Ds.
"A mio parere i Ds dovranno darsi la fisionomia definitiva di un
partito della sinistra europea. Credo che, oggi, sia questo il problema
più grande del mio partito: se nel centrosinistra è utile che il centro
si rafforzi, bisogna che si lavori per rafforzare anche la sinistra".
Questo lo dicono tutti. Il problema è decidere in che modo rafforzare
la sinistra. Amato ha rilanciato l'idea della riaggregazione delle
famiglie dei riformisti, D'Alema insiste sulla via del partito
socialdemocratico. Lei come si schiera? "Io sono contrario alle
ipotesi di formare nuovi partiti o nuove aggregazioni. Sto nella sinistra
da tanti anni, e mi ricordo i tempi in cui 'riformista' e
'socialdemocratico' erano parole usate in senso spregiativo. Io che invece
ho sempre apprezzato la valenza e la radice positiva di queste
definizioni, oggi dico che dobbiamo superare gli schematismi e le formule
a priori".
Quindi è schierato sul fronte degli ulivisti Veltroni e Rutelli, che
guardano al modello del grande "partito democratico"?
"Io non so qual è il modello che propongono Veltroni e Rutelli.
So qual è il modello che a me sembra preferibile. E non è certo quello
del 'partitone democratico'. Sono convinto che l'Ulivo sia un valore da
apprezzare per quello che è: uno schieramento di forze politiche. E
questo, secondo me, deve restare.
Con
le sue anime e le sue diversità. Quanto ai Ds, da iscritto sono
interessato a una discussione che proietta il partito nel solco del
socialismo europeo, e che definisce prima di tutto quali sono gli
insediamenti sociali di riferimento, e quali sono le politiche
fondamentali da adottare, quelle che danno identità a una forza di
sinistra, che stimolano passioni e appartenenze".
E secondo lei quali devono essere gli insediamenti di riferimento dei Ds,
e le politiche fondamentali di una forza vera di sinistra?
"Secondo me un partito di sinistra deve avere come fondamento nella
sua idea di società il lavoro, in tutte le sue articolazioni".
Così i Ds, in termini di rappresentanza, coincidono pari pari con la
Cgil. Non è un po' ristretto, come orizzonte?
"No, perché il lavoro in tutte le sue forme vuol dire milioni di
persone che lavorano in un'economia complessa. Bisogna partire da lì, dai
loro bisogni e dalle loro aspettative, e poi per cerchi concentrici si
aggregano altre aree sociali più lontane dal nucleo. Non ho in testa un
modello da 'riserva indiana'. Al contrario, sono convinto che il successo
di una politica si misura dalla tua capacità di proporre politiche
funzionali e utili ad una platea sempre più estesa".
Oggi c'è una segreteria dei Ds, Veltroni si dimetterà da leader del
partito.
"Per ridefinire la sua identità, il partito dovrà affrontare
una discussione lunga e difficile, che richiederà un percorso definito
anche temporalmente, e che dovrà escludere scorciatoie e soluzioni
affrettate".
Parli chiaro, Cofferati. Lei vuole il congresso?
"Assolutamente sì. Gli organismi dirigenti del partito dovrebbero
fissarlo immediatamente, e organizzarlo disponendo tutti i passaggi di
confronto e di dibattito che lo rendano utile e percepibile da tutti gli
elettori e i militanti come un appuntamento davvero straordinario. Ma
questo richiede tempo. Ho sentito parlare di un congresso prima
dell'estate: non esiste in natura. Serve una riflessione seria, per un
partito della sinistra che è reduce da un risultato elettorale seccamente
negativo. Quindi la mia proposta è: si apre subito la discussione
pre-congressuale e si fissa subito la data del congresso vero e proprio,
che realisticamente può essere intorno al prossimo autunno. Ma senza
vaghezze, e senza forzature sui gruppi dirigenti".
Che vuole dire 'forzature sui gruppi dirigenti'? Mai come adesso il
Botteghino ha bisogno di un segretario.
"Quando dico che bisogna evitare forzature, mi riferisco per
esempio alle ipotesi che ho sentito circolare su un'assemblea congressuale
che dovrebbe eleggere un segretario al quale affidare poi la gestione del
congresso vero e proprio. Sono assolutamente contrario. Capisco la
difficoltà dei gruppi dirigenti a gestire un dibattito lungo e difficile,
senza un segretario in carica. Ma queste difficoltà sono piccola cosa,
rispetto all'effetto deflagrante di un segretario scelto prima di un
congresso".
La preoccupazione è che scatti una resa dei conti tra i leader...
"Ma quale resa dei conti! I leader devono fare tutt'altro, in questo
momento".
Allora chiede di fatto a D'Alema e a Veltroni di fare un passo
indietro?
"Io chiedo al gruppo dirigente di fare uno sforzo straordinario:
discutano tra loro, sui programmi e sulla linea politica. Stendano le tesi
congressuali. Poi la scelta del leader si farà al congresso".
Sergio Cofferati è pronto a candidarsi alla segreteria dei Ds? "Io
sarò il segretario della Cgil fino alla primavera del 2002. Per un verso,
è il tempo che coincide coincide con il limite massimo della mia
permanenza al vertice della confederazione, e non intendo chiedere
proroghe. Per un altro verso, è il tempo che serve alla Cgil per
fronteggiare la prima scadenza rispetto al nuovo governo Berlusconi, cioè
la Legge Finanziaria, e per fare il suo congresso".
Ma se al congresso del prossimo autunno i Ds le chiedessero di scendere
in pista lei accetterebbe o no?
"La politica non si fa con i 'se' e con i 'ma'. Ad oggi la
situazione è questa: ho un patto con gli iscritti al mio sindacato, che
scade nel 2002".