riflessioni sul dopo voto

"La svolta che serve"
Presentata la piattaforma del "correntone" di centrosinistra per il congresso Ds
COSIMO ROSSI - ROMA

L' origine della crisi della sinistra e dei Ds "è il suo rapporto con la società italiana, la latitanza dai conflitti che hanno investito nell'ultimo ventennio il Mezzogiorno, la condizione femminile, l'universo giovanile, il mondo degli anziani, le vecchie e nuove povertà. Troppo spesso ha prevalso una rappresentazione edulcorata della globalizzazione e della modernizzazione. Se ne sono vantate le magnifiche e progressive sorti in ordine agli elementi di ampliamento delle opportunità, mentre è calato il silenzio su tutto il resto: l'impoverimento dal punto di vista ambientale di vaste zone della terra; l'aumento del potere dell'economia e del mercato sulla organizzazione e sui ritmo di della vita individuale e collettiva; la solitudine sociale dei lavori fordisti e postfordisti; la crescente inquietudine nei confronti di un'etica della competitività che tutto riduce e riconduce - tanto nella sfera privata che in quella pubblica - alla dimensione della produzione e del consumo". E' in questo lungo paragrafo il cuore della piattaforma pre-congressule del cossidetto "corentone" ds. Una piattaforma "aperta", un lavoro frutto di "percorsi diversi", un embrione di mozione di 19 cartelle che argomenta la necessità di "una svolta profonda sul piano politico, sociale e culturale" come unica, faticosa strada che possa consentire ai Ds, alle sinistre e al centrosinistra di tornare a vincere nel paese.

Sconfitta sociale"Non ci sono state solo sottovalutazioni e errori tattici. Ci sono, innanzitutto, ragioni sociali all'origine della nostra sconfitta". Dal riconoscimento di questo dato parte l'analisi sulla crisi e la sconfitta. Fatti salvi i "risultati positivi", infatti, ci sono stati "gravi errori" dei Ds e "ritardi anche nell'azione di governo che non possono essere sottaciuti". Perché solo con l'Euro c'è stata "piena capacità di coinvolgere le coscienze". Al contrario, "molte parti della società, a partire da quelle più deboli, non hanno capito le nostre timidezze nella tutela e nella promozione dei diritti dei lavoratori tradizionali e atipici, nella difesa, nell'ampliamento e nelle riforme dello stato sociale, nella rivendicazione della laicità dello stato e delle libertà civili". Senza contare "incertezze e improvvisati revisionismi sul piano dei valori e dei simboli": l'antifascismo, i valori costituzionali, la legalità e la questione morale. Questo, mentre all'Ulivo è stato dato un sostegno "troppo debole".
La carta d'identità della sinistra si è insomma ridotta "alla bandiera della modernizzazione per la modernizzazione, dell'innovazione per l'innovazione".
"Cambiare rotta"

E' allora necessaria "una sincera e impietosa analisi" delle ragioni della sconfitta come della qualità politica e sociale del successo delle destre. Altrimenti non ci saranno né la svolta né l'opposizione necessarie.
A questo - secondo il documento - deve servire il congresso: "Non possimo più oscillare su tutti i piani. Dobbiamo rendere più efficace e convincente la nostra mobilitazione nel paese, la nostra opposizione in parlamento, le nostre proposte alternative". Il che significa "cambiare rotta, dicendo chiaramente quali sono i nostri alleati e quali sono i nostri avversari". E ciò richiede anche il "coraggio" di rinnovare i gruppi dirigenti e di cambiare la direzione troppo leaderistica dei Ds.
Non basta, pertanto, "collocare la crisi dei Ds nel quadro delle metamorfosi" della democrazia moderna: perché "la destra ha dispiegato una battaglia egemonica" e "noi non abbiamo trovato idee sufficientemente forti e autonome per contrastarla". Qui è l'"origine della crisi".

Sinistra dei lavori e dei valori

Per le stesse ragioni non si può rispondere che "l'Italia è un paese "organicamente di destra" a "giustificazione del silenzio sulle laceranti contraddizioni della globalizzazione", facendone derivare che "il compito della sinistra non può essere che quello di competere politicamente e culturalmente sul terreno del modernismo".
Secondo il testo, queste idee si sono rivelate prive di fondamento. Perché "sul piano plitico Berlusconi ha coalizzato il centrodestra realizzando un'inedita sintesi di populismo, liberismo, ultraconservatorismo, spiriti modernisti, reazionari e conformistici". E perché sul piano del consenso "la destra non ha sfondato", visto che ha raccolto meno consensi del '96; mentre fuori dall'Ulivo le ipotesi terzoforziste sono fallite e solo il Prc tiene.
Ma sopratutto perché "la sinistra ha un senso se il suo orizzonte strategico è la costruzione di una società più giusta, libera, egualitaria, partecipativa, inclusiva". Perciò "oggi c'è bisogno di un riformismo forte". Cioè "di una riforma della società civile, dell'economia, del mercato, della politica, della democrazia e delle istituzioni". E "per la sinistra non c'è governo democratico e condiviso della modernizzazione senza una chiara scelta di rappresentanza politica e sociale del lavoro". Per la sinistra - prosegue la piattaforma - "il lavoro è libertà e dignità, liberazione e tutela". Perciò è giunto anche il momento di "cambiare linguaggio: non flessibilità, ma versatilità". Cioè: "Capacità di padroneggiare i cambiamenti, possibilità di variare il programma, le aspettative, i tempi di lavoro e della vita". Un terreno che chiama tutte le grandi organizzazioni a "rinnovarsi e aprirsi" alla società che cambia: "Avere però indicato i sindacati, e la Cgil in particolare, come agenti della conservazione è stato sbagliato e autolesionista".

Allargare l'opposizione

Secondo il "correntone", il governo ha dimostrato dagli esordi di non essere "moderato": il groviglio di conflitti di interessi non è sciolto; "i provvedimenti economici spostano risorse verso i più ricchi"; l'impianto delle riforme (devolution in testa) "mette a rischio lo stato di diritto"; "si lanciano proposte di manomissione dei diritti civili e di libertà"; l'adesione allo scudo spaziale "segna una rottura" con l'Europa. Fino alle "peggiori crediaziali di destra" messe in luce a Genova.
In occasione del G8 si è, invece, "visto crescere in forma di massa un movimento, sopratutto di giovani e giovanissimi, che alza la bandiera dell'uguaglianza dei diritti per tutti gli esseri umani che abitano la terra". La sinistra - prosegue la piattaforma - "sa quale minaccia rappresentino i violenti, ma negherebbe la sua storia se non entrasse in relazione con questo movimento e con la domanda di partecipazione che esprime".
Perché per tornare al governo "c'è bisogno di un'opposizione democratica in parlamento, nel paese, nella società, nei luoghi di lavoro". E c'è dunque bisogno anche di dare all'Ulivo "strutture, organizzazione, regole democratiche e condivise".

Più equità e giustizia

Se, insomma, la destra esprime "idee e interessi forti", la sinistra può costrastarli solo con "idee e interessi altrettanto forti, riconoscibili, credibili". Perché "quando i profitti dei dieci più grandi gruppi economici del mondo sono superiori al prodotto interno lordo dell'insieme dei paesi poveri e un essere umano su quattro può definirsi povero, lo spazio e la responsabilità per la politica sono immensi". Nel terzo millennio "una sinistra incapace di riempire questo spazio rinuncia a una sua fondamentale funzione politica e ideale".
Perciò, secondo il documento, bisogna affermare che "il G8 ha fatto il suo tempo": perché "i paesi del G8 rappresentano il 10% della popolazione mondiale, ma i loro governi hanno il potere di assumere decisioni che riguadano la vita di tutti gli abitanti della terra". Al contrario, "vanno rivitalizzate e rese più democratiche le sedi internazionli", affermando che "l'obiettivo di un governo democratico del pianeta non è un'utopia, ma un'esigenza da perseguire".
Questo significa anche affermare che "la tutela dell'ambiente non è solo una variabile indipendente nelle decisioni che riguardano lo sviluppo economico". Deve invece "diventare la leva di una nuova idea dello sviluppo".

Un'altra modernizzazione

Dunque, "la modernità è il campo dei problemi, non il sistema delle risposte". La modernità - si legge - "è intrensecamente portatrice di tensioni, contraddizioni, conflitti". Perciò il primo imperativo è "qualificare la modernità e specificare le diverse ipotesi di modernizzazione".
"Libertà, eguaglianza e solidarietà", si legge, vanno primariamente affermati come "valori interdipendenti". E di qui deve muovere il discrimine con la destra. Dal fatto che "la libertà libertà va intesa non solo come requisito individuale, ma come impegno sociale". La destra, invece, "contrappone l'individuo allo stato, l'economia all'ambiente e l'iniziativa privata alla garanzia pubblica". La ricetta sociale che ne deriva "è brutale": "Per avere più crescita occorre più diseguaglianza (e meno libertà)".
Ed ecco la sfida della sinistra: "Non limitarsi a parlare di modernizzazione che si concili con le esigenze della solidarietà e della coezione sociale, come se la sfera economica producesse inevitabilmente disparità da risarcire per i più sfortunati. E' necessario viceversa identificare e perseguire ipotesi di modernizzazine che incorporino strutturalmente istanze di equità, di qualità dello sviluppo, di qualità ambientale, di qualità sociale".

Sinistra e Ulivo

"L'identità del nostro partito come forza del socialismo - dice ancora il documento - richiede che sia abbandonata l'idea di un partito permanente precario e transitorio". Nesuna ipotesi di partito democratico, insomma, dando per "acquisita" la scelta del Pse che non può ridursi a "slogan". Semmai, "l'essere forza del socialismo europeo significa non rimuovere le radici nazionali e la memoria storica dei socialismi italiani, dei partiti politici che li hanno rappresentati, del movimento operaio, le cui storie abbiamo giustamente rivisitato criticamente".
"Alle altre forze che fanno parte dell'Ulivo (Sdi, Pdci, Verdi) - continua il testo - proponiamo, come primo passaggio, una federazione, come sede nella quale verificare le possibilità di un ulteriore terreno comune". Ma senza dimenticare che la sinistra "non vive solo nei partiti": è "un campo di forze" in cui stanno "culture, movimenti, associazioni economiche e della società civile, sindacati". E in regime bipolare, pur non mettendo in discussione "il valore delle autonomie", la sua "qualità" va ripensata.
L'Ulivo resta invece la "scelta strategica per governare il paese". Ma deve anche "allargare le sue alleanze e puntare a costruire un centrosinistra con tutte le forze che si contrappongono a Berlusconi": cioè la domanda di legalità espressa da Di Pietro e soprattutto Rifondazione. "Verso questo partito, che ha subito anch'esso un duro colpo - si legge - intendiamo assumere una iniziativa politica sui contenuti, per condurre insieme la battaglia di opposizione. E' questa la via per verificare la possibilità di una comune prospettiva di governo".

Quercia plurale

Infine il partito. Se la tendenza alla personalizzazione è "un connotato permanente" delle moderne democrazie, ciò non autorizza a assumere decisioni "in modo non trasprente e al di fuori di ogni confronto nelle sedi democratiche". Invece nei Ds "ha continuato a prevalere la sottovalutazione delle esigenze di cura e rinnovamento", a causa anche di una fascinazione eccessiva per "la manovra politica e l'uso sapiente della leva del potere". Al punto che un partito che negli ultimi anni ha riversato "con onestà" tutte le sue risorse nelle esperienze di governo e di amministrazione, si è trasformato agli occhi dei più in "partito di potere, distante, supponente, votato alla propria autoconservazione". Si risale la china se si parte da qui".