riflessioni sul dopo voto

Genova, una scossa per la Cgil
Giorgio Cremaschi *

H a ragione Rossana Rossanda: dopo Genova è finita la fase delle manovre. Per questo il gruppo dirigente della Cgil si muove così confusamente e sembra quasi paralizzato.
A Genova c'è stata una delle più grandi manifestazioni democratiche della storia della Repubblica, la prima senza la presenza ufficiale della Cgil. Questa assenza poteva però ancora essere ascritta al ritardo con il quale il sindacalismo confederale italiano si muove rispetto alla globalizzazione. Poi però c'è stato il morto, la repressione violenta, i pestaggi e le provocazioni. E la risposta, con il moto dell'opinione pubblica democratica che ha portato alle incredibile manifestazioni di martedì. E anche qui ha brillato la timidezza, la reticenza, l'assenza di gran parte del gruppo dirigente nazionale della Confederazione. Che è riuscito solo a decidere sparuti presidi organizzati qua e là di fronte alle prefetture insieme a Cisl e Uil. E' vero la Fiom, diverse Camere del Lavoro, la sinistra sindacale, stanno in qualche modo salvando la faccia a tutto il sindacato confederale. Alla stessa Cisl la cui assurda ottusità contrasta con l'impegno che, nel movimento e nelle manifestazioni caratterizza il vastissimo arcipelago del mondo cattolico. Ma questi dati positivi non cancellano la questione di fondo: gran parte dei gruppi dirigenti del sindacalismo confederale, rispetto a tutto quello che sta avvenendo, è da un'altra parte, anzi non si sa neppure dove sia.
Al residence Ripetta una riunione dei dirigenti diessini della Cgil, da quelli che sono andati a Genova, a quelli che si sono pentiti di non esserci stati, a quelli che rivendicano con fierezza che mai e poi mai si mescolerebbero con quel movimento, propone alla crisi del principale partito della sinistra un documento "sul lavoro e sulla società". Trovo assolutamente fuori tempo questo impegno collettivo nella politica di dirigenti sindacali accomunati dalla stessa tessera di partito. D'Antoni dovrebbe avere insegnato qualcosa. Ma soprattutto trovo senza senso che lo si faccia senza partire da sé. L'assenza del gruppo dirigente della Cgil da questo momento politico, la sua incapacità di rappresentare persino i sentimenti di tutta quella marea di militanti, non certo solo della sinistra e della Fiom, che è scesa in piazza in tutti questi giorni. Il giudizio confuso ed arretrato che ancora la maggioranza della Cgil dà sulla globalizzazione e sul movimento che la contrasta. Tutto questo non è solo il frutto di errori di direzione, ma il deposito finale che nei gruppi dirigenti sindacali ha lasciato il lungo inverno della concertazione.
Per fortuna non tutti sono stati toccati allo stesso modo: sensibilità, soggettività, esperienze e culture sono sopravvissute a questo lungo gelo ed ora riemergono con i movimenti. Ma resta il dato di fondo: la struttura portante della Cgil arriva esausta alla nuova fase che è iniziata.
In autunno tutte le tensioni politiche e sociali di questi ultimi due mesi si riproporranno e si accentueranno. Se le dichiarazioni del governatore della Banca d'Italia si incroceranno con le pulsioni profonde del governo Berlusconi-Agnelli, sarà scontro sociale su tutti i temi della politica economica. Se la Confindustria continuerà, come continuerà, sulla linea di Parma, la vertenza dei metalmeccanici non potrà che diventare la vertenza di tutta la Cgil. Coinvolgendo così anche quelle categorie che dichiarano solidarietà alla Fiom e poi fanno l'esatto contrario di ciò che essa fa. Una storia è finita, ma per gran parte del gruppo dirigente della Cgil pare sopravvivere a se stessa. Da settembre il movimento precipiterà nel congresso della confederazione e lo sconvolgerà. La principale organizzazione del mondo del lavoro se non vorrà avviarsi verso un rapido declino, sarà costretta a cambiare radicalmente. Intanto si cominci a trovare la forza di dire: ci siamo sbagliati.

* Segretario Fiom Piemonte