Se qualcuno ti fa morto - un motivo c'è...

 

L’occasione era il ricordo di Ivan della Mea, mancato improvvisamente il 14 giugno. Una morte che ha lasciato negli amici, oltre al dolore, il senso di una grande perdita, di un grande vuoto. Ma nell’ex chiesetta del Parco Trotter non si è tenuta una commemorazione: Ivan non ce l’avrebbe mai perdonato... “Se qualcuno ti fa morto – un motivo c’è...”, avrebbe detto con ironia e diffidenza. No, non l’abbiamo fatto morto, ma abbiamo dialogato con lui da vivo, perché chi ha compagni non può morire in quanto tutti portano su di sé, dentro di sé qualcosa di chi ci ha lasciato e se tutti mettono in comune le proprie scintille di vita e di ricordo chi ci ha lasciato torna tra noi. Non è retorica, è la permanenza della vita.

La sera del 24 giugno – la notte dei fuochi – eravamo in tanti a portare il nostro contributo, ma c’è chi per comunanza di vita e condivisione della sorte aveva con sé un patrimonio più ricco di altri: per primi lo hanno mostrato gli Stormi Six, capeggiati da Umberto Fiori, offrendo canzoni che sono state la colonna sonora di una generazione, di tante speranze, e che sono ancora capaci di chiamare a un immutato impegno non per nostalgia di reduci ma per la continuità, talvolta in forma ancor più grave, dei problemi e delle ingiustizie di allora . A loro in diversi momenti si è unita la bella voce di Maria Colegni e la chitarra di Pino Distaso. Le emozioni che hanno suscitato hanno trovato un momento di profonda concentrazione in una bellissima poesia in milanese di Franco Loi, letta con intensa sensibilità dall’attore e soprattutto amico Roberto Marelli.

Gli interventi di Pierluciano Guardigli e di Giusi Busceti e un breve profilo della poesia di Ivan, svolto da Vincenzo Viola, hanno introdotto lo splendido tributo di amicizia di Paolo Ciarchi. Nelle sue parole, nelle canzoni, nelle battute continue e folgoranti, che non nascondevano l’emozione, ma la esaltavano come mezzo per  ripercorrere un’intera esistenza trascorsa insieme, è tornato ad essere presente in mezzo a noi l’amico scomparso, l’Ivan della Mea degli esordi e quello degli anni maturi (splendida l’esecuzione de “La nave dei folli” e del “Bastian contrario”), quello delle piazze e dei cortei e degli spettacoli teatrali (“Ci ragiono e canto”) e anche quello della più recente presidenza dell’Istituto Ernesto De Martino per la ricerca delle tradizioni di musica popolare.

Il significato di operatore di una cultura fortemente innervata sul sociale di Ivan è stato sottolineato da Gabriela Fantato; la sua rilevanza in ambito musicale da Giancarlo Nostrini. Ma l’emozione finale di una serata adeguatamente coordinata e guidata da Roberto Carusi,  è stata offerta, dopo una canzone composta ed eseguita da Giordano dall’Armellina, da un filmato Rai girato da Nereo Rapetti , che attraverso l’immagine e la voce di Ivan della Mea, ha fatto cogliere la sua capacità di sognare:

“Non posso”, dico, “io debbo andare,
non ho alpeggi e mi vivo pastore,
canto coi matti, coi gatti, col mare,
ho un tempo mio per gioia e dolore.

E ho una nave, e ho vele di scorta
per far memoria passata e presente,
forza Giuàn, ché l’idea non è morta,
chi è compagno è folle e cosciente.”


Ma i sogni di Ivan non sono mai stati sogni di evasione: “Io duro sogno di carne, di testa...”. Sono i sogni che nascono dal bisogno, sogni di vita, sogni di realtà, sogni di lotta. Ma in tutti c’è sempre

“Qualcosa comunque che non possiamo perdere

Anche se ogni altra cosa è perduta

E che perpetuamente celebreremo

Perché ogni cosa nasce da quella soltanto.” [F. Fortini]

 

E’ la sua umanità, la sua presenza che abbiamo rivissuto, la sua poesia.

Roberto Carusi - Vincenzo Viola