Lion
of the Desert (Il
leone del deserto)
di
Mustapha Akkad - Usa-Libia,
1980
con
Anthony Quinn, Rod Steiger, Oliver Reed, John Gielgud
Irene
Papas, Raf Vallone
Film
storico, raramente visto in Italia, sulla resistenza opposta dalla
popolazione libica al brutale regime di occupazione fascista. Il film
unisce alla fedeltà della ricostruzione storica la spettacolarità delle
riprese, affidandone l'interpretazione ad alcuni celebri volti del cinema:
fra gli altri Anthony Quinn nel ruolo del capo della resistenza Omar
Mukhtar, Oliver Reed nelle vesti del generale Graziani, Rod Steiger nella
parte di Mussolini, ruolo da lui già ricoperto in un film di Carlo
Lizzani.
Il
film fu girato nel deserto libico e a Roma, in esterni e negli studi di
Cinecittà. Gli armamenti furono in gran parte ricostruiti in Gran
Bretagna, con la collaborazione del Military Vehicle Museum. Il realismo
storico e il naturalismo delle scene di battaglia, cui furono profusi
all'epoca enormi sforzi, anche in considerazione del grande pubblico cui
era destinato il film, risultano tuttavia oggi, con l'evoluzione della
capacità illusionistiche degli effetti speciali, proprio le parti più
invecchiate del film.
Il
film narra la fase cruciale della repressione della resistenza libica
all'invasione italiana. Di fronte alla resistenza guidata dall'anziano
Omar Muhktar, nel 1929 Mussolini invia in Libia il generale Rodolfo
Graziani. Questi si rende subito conto che è impossibile debellare la
rivolta finché questa è sostenuta dalla popolazione. Procede quindi a
una spietata repressione, distruggendo le coltivazioni, avvelenando i
pozzi, sottoponendo a decimazione interi villaggi, fino ad attuare la
deportazione dell'intera popolazione del Gebel, circa 100.000 persone, un
ottavo dell'intera popolazione libica, in campi di concentramento nel
deserto della Sirtica (dove ne perirà circa il 40%). Di fronte al
proseguire della resistenza, per isolarla ulteriormente, fa erigere un
"secondo vallo di Adriano" lungo il confine egiziano, una
barriera di filo spinato sorvegliata da autocarri e aviazione, che si
estende per 270 chilometri dalla costa sino all'oasi di Giarabub.
Catturato infine Omar Mukhtar, dopo un processo sommario il 15 settembre
del 1931 lo fa impiccare di fronte a 20.000 persone fatte arrivare dai
campi di concentramento.
Autorevoli
storici si sono pronunciati sulla fondamentale fedeltà storica del film,
dal maggior esperto del colonialismo italiano, Angelo Del Boca, a un
autore come l'inglese Denis Mack Smith, usualmente intervistato dalla
stampa italiana in casi del genere, sino a uno storico come Drew Middleton,
principale corrispondente militare del New York Times e su New Republic,
giornali non suscettibili di nutrire simpatie nei confronti del mondo
arabo.
"Mai
prima di questo film gli orrori ma anche la nobiltà della guerriglia sono
stati espressi in modo così memorabile, in scene di battaglia così
impressionanti; mai l'ingiustizia del colonialismo è stata denunciata con
tanto vigore... Chi giudica questo film col criterio dell'attendibilità
storica non può non ammirare l'ampiezza della ricerca che ha sovrinteso
alla ricostruzione." (Mack Smith, in Cinema Nuovo, 02/1982.)
Distribuito
negli USA nel 1980 e due anni dopo in Europa, non ha avuto in Italia,
nonostante il dibattito suscitato sulla stampa, alcuna distribuzione, in
seguito al veto opposto dall'allora sottosegretario agli Esteri, Raffaele
Costa, che lo aveva ritenuto lesivo dell'onore dell'esercito.