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Alla (ri)scoperta dei sensi

 

MartesanaDue - febbraio 2006

 

Il senso del tempo

 

Qualche giorno fa ho ricevuto una lettera da Milly Moratti che illustrava il suo programma nel caso fosse diventata sindaco di Milano e mi invitava pertanto a votarla alle primarie del 29 gennaio scorso. Delle quattro pagine di dichiarazioni d’intenti la frase che mi ha colpita maggiormente, o forse dovrei dire l’unica frase che mi ha davvero colpita, è stata la formula di congedo, che riporto testualmente: “so di dovermi fermare, perché ho usato una risorsa sempre più rara a Milano, il nostro tempo, ma vorrei continuare con voi questa conversazione attraverso la cartolina che vorrete rispedirmi”.

Il tempo, una risorsa rara. Quasi contemporaneamente avevo ricevuto una mail di una persona coinvolta con me in un progetto di lavoro, che attribuiva la responsabilità della sua mancanza di partecipazione e di contributi al lavoro comune, alla mancanza di tempo.

Una giustificazione che trovo sempre più banale e irritante. La vita media di una persona si è raddoppiata, se non triplicata, le ventiquattro ore del giorno sono, per chi volesse, fruibili per intero, si pensi che in passato si potevano sfruttare a pieno solo le ore di luce naturale. Molte attività e operazioni si possono svolgere utilizzando semplicemente un computer e una connessione a Internet (un bonifico bancario, il controllo della data di scadenza del bollo auto, la spesa al supermercato). Certo, anche così si impiega del tempo e a volte, complice la fallibilità delle tecnologie, se ne perde molto, ma si evitano gli spostamenti e le file - forse sarebbe più bello andare a fare la spesa in un mercato rionale e immergersi tra le persone, gli odori, i colori – e in ogni caso si libera tempo per qualcosa in più che dobbiamo o vogliamo fare.

Questa rubrica parla di sensi, fino a oggi ne ha sempre parlato come facoltà di percepire stimoli dal mondo esterno o interno, ma ora vuole allargare la sua visuale e parlare di sensi anche come stati d’animo, capacità di essere, sentire, cogliere, distinguere.

Credo che dovremmo riscoprire il senso delle cose “minute”, come gustare un profumato bicchiere di vino, questo ci permetterebbe anche di riscoprire il senso del tempo e ci accorgeremo che il tempo globale, e il nostro tempo particolare, è una risorsa tutt’altro che esigua o in via di esaurimento, purché lo si sappia assaporare con pienezza e si sappia riconoscerne l’intensità. Dovremmo imparare di nuovo a vivere l’hic et nunc, il qui e ora, senza sentire l’obbligo di proiettarci immediatamente nel futuro, in quello che c’è da fare dopo, storditi da un senso di vertigine e di tempo che ci sfugge dalle mani. Perlopiù abbiamo solo due dimensioni: il passato e il futuro, del tutto indifferenti al presente, invece dovremmo essere come Faust e invocare “fermati istante, sei così bello!”

La degustazione del vino dà il senso di quello che voglio dire: nel momento in cui apriamo una bottiglia di vino e ne versiamo il contenuto nel bicchiere, quel vino può raccontarci la sua vita, quali percorsi ha fatto per arrivare fino a noi, può lasciarci intendere quale sarebbe stata la sua evoluzione, se noi non avessimo aperto la bottiglia, e lo fa con tutta la fisicità del suo presente. E noi gli dobbiamo rispetto e considerazione, visto che abbiamo scelto di berlo e di non farlo invecchiare. Non è un crimine, e non dobbiamo sentirci in colpa per questo, è un incontro, avvincente come ogni incontro. Allora bisogna prendere il bicchiere fra le mani, tenendolo per la base, mai per il corpo, per non lasciare impronte inopportune, e apprezzare la trasparenza del vetro e la sua levigatezza sotto le dita, inclinare il bicchiere per osservare il colore del vino, le sue note dominanti e le sue sfumature, farlo roteare dolcemente per saggiarne la fluidità e, soprattutto, per liberare gli aromi. Questo rituale richiede tempo, calma, devozione. Si prosegue accostando il bicchiere al naso per catturarne i profumi, dapprima i più volatili e semplici, poi quelli più complessi, finché inebriati si arriva al premio finale: assaggiare il vino, scoprire i sapori, le corrispondenze di questi con gli aromi percepiti, la loro forza e persistenza, l’equilibrio complessivo. Bisogna fare tutto senza fretta, anche perché ogni vino è la somma di tante storie di donne e uomini che hanno reso possibile il nostro incontro con lui. Ricordo ancora con grande emozione una sera di dieci anni fa, in cui ho partecipato a una rara e preziosa degustazione di malaga centenari: il più antico era un vino del 1800, il più giovane del 1950. In quel momento è stato davvero possibile stabilire un ponte tra noi persone attive e operanti alle soglie del 2000 e i nostri predecessori, chiedersi come erano, cosa stavano facendo duecento anni prima, come trascorrevano le giornate. Avevano più tempo di noi? O anche loro erano all’affannosa ricerca del tempo? Che guaio se quella sera non avessi avuto il tempo di andare alla degustazione e di fermarmi a pensare che quel vino ottocentesco aveva attraversato indenne la restaurazione, il risorgimento, la rivoluzione industriale, due guerre mondiali. In realtà il tempo è circolare, e questa piccola vicenda ne è la prova. Se ce ne ricordassimo avremmo più considerazione per noi stessi e per gli altri.

Viva Dario Fo.

 

Paola D’Alessandro

 

Paola D’Alessandro è nata a Lanciano, in Abruzzo, 41 anni fa. Dal 1982 vive a Milano, dove ha compiuto gli studi universitari e dove attualmente lavora, occupandosi di progettazione e gestione di iniziative per l’inserimento e la valorizzazione delle donne nel mondo del lavoro.

Nel 1995 ha iniziato a frequentare corsi e seminari legati alla degustazione dei vini e, più in generale, al mondo dell’enogastronomia, passando da un atteggiamento di mera curiosità a un coinvolgimento sempre più forte, un’autentica passione, sfociata nell’ammissione, il 15 aprile 1997, al Collegio Lombardo Periti Esperti e Consulenti, settore alimentazione, prodotti e derivati, specialità Sommelier.

Da tale passione nasce la collaborazione con le redazioni di MartesanaDue e  ilponte.it, nelle forme della rubrica “Alla (ri)scoperta dei sensi”.