MartesanaDUE - ottobre 2003 n. 57

 

In questo numero

 

 

La difesa dell’ospedale Niguarda

 

Il mega ampliamento 

del Santa Rita

 

Dopo un mese di occupazione 

al campo di calcio di Greco

 

Via Arquà:

 i due lati della medaglia

 

Proteste per la carenza di mezzi pubblici

 

Purtroppo ci siamo…

 

Arte, cultura, teatro, concerti... gli appuntamenti in zona 2

 

La città come laboratorio

 

Brevi da Milano

 

Il condono spiegato a mio figlio

 

Periferie dimenticate

 

Iniziative in zona

 

 

SPECIALE VIALE MONZA

 

Le rubriche

 

Filo diretto dal Parlamento

con il senatore Antonio Pizzinato

 

Arte e quartieri

 

Lettere alla redazione

 

Un libro al mese

 

Un film al mese

 

Un Tempio per la pace

 

Frammenti di umanità suburbana

 

Alla scoperta della qualità

 

Son atto a rimirar... rubrica d'arte

 

Gli annunci 

e le opportunita'

 

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MartesanaDUE

mensile di informazione, 

cultura e annunci della zona due

di Milano citta'

 

Editore

Comedit 2000

 

Direttore 

Paolo Pinardi

 

Redazione

Gianni Bazzan, 

Mattia Cappello,

Adele Delponte,

Ferdy Scala,

Luciana Vanzetti,

Aurelio Volpe

 

Red. e pubblicita'

Via delle Leghe, 5

20127 Milano

Tel. 02/28.22.415

Fax 02/28.22.423

martesanadue@ilponte.it

 

Reg. Trib. MI

n. 616 settembre 99

 

 

 

  Mega ampliamento al Santa Rita

Sette piani fuori terra e tre piani interrati, 7 sale operatorie e 40 ambulatori, 290 posti letto. Questo si appresta a diventare la casa di cura Santa Rita, efficacemente ribattezzata dagli abitanti dei quartieri limitrofi "l'elefante". Situata tra via Porpora e via Vallazze (zona 3) a qualeche centinaia di metri dalla nostra zona e dall’imbuto di piazzale Loreto, nel corso di un ventennio, infatti, la casa di cura (privata, per i pochissimi disinformati) ha quasi raddoppiato la sua struttura, a scapito di un isolato di giardini e villette liberty, facendosi beffe della viabilità della zona, del traffico mal deviato, dei posti-auto inesistenti.  

Non importa, qualunque cosa per i malati e per la tutela della loro salute. Peccato che i pazienti barellati siano spesso "parcheggiati" (per loro sì, il parcheggio si trova) in mezzo alla strada dalle ambulanze prima di essere ricoverati, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche; peccato che lo stoccaggio dei rifiuti ospedalieri (materiale potenzialmente rischioso) venga effettuato in luogo incustodito (però presso l'ingresso secondario, finezza da non sottovalutare) e quindi accessibile ai più, come dire, curiosi? malcapitati?, come animali e bambini.

Dice, non importa ancora, purché la struttura interna sia moderna e funzionale e rispettosa dei malati, soprattutto dei portatori di handicap. Allora ricominciamo da tre, o meglio dal terzo. Al terzo piano seminterrato  è collocata la palestra per la riabilitazione fisioterapica, già qui una piccola violazione al D.M. 626/94 che prevede l'illuminazione naturale dei luoghi di lavoro. Ma sì, ci passiamo sopra, peccato ancora che non siano previsti servizi igienici per il personale (altra violazione del D.M. 236/897). Al secondo piano interrato c'è il servizio di emodinamica (stessa violazione delle norme per l'illuminazione, qui però pare si possa pisciare), ma la struttura funzionale delle sale operatorie ha una concezione anni '30 (begli anni per qualcuno, non per tutti), senza separazione dei percorsi "sporco- in uscita dalle sale operatorie - pulito in entrata", in vigore ormai in qualsiasi ospedale moderno; carenza che, va da sé, aumenta il rischio di propagazione delle infezioni.

Al piano seminterrato non è previsto, negli ambulatori, l'abbattimento delle barriere architettoniche. Ma i portatori di handicap, gli invalidi, gli incidentati sulle sedie a rotelle non sono stati già abbastanza sfortunati di loro per permettergli almeno di recarsi alle visite in modo agevole? Almeno nell'anno europeo dell'handicap, per piacere … Parrebbe di no.

Il progetto è stato approvato a fine settembre, non senza ostruzioni e pareri negativi  tra cui quello della consulta handicap in merito agli interventi edilizi riguardanti la ristrutturazione e l'ampliamento della Casa di cura Santa Rita che recita "…dall'esame dei progetti che riguardano gli interventi edilizi nella Casa di cura Santa Rita, essendo l'accessibilità totale l'unico requisito prescritto dalla normativa vigente sia per quanto attiene la porzione già esistente che per quanto concerne la nuova edificazione, possiamo affermare che l'edificio non è accessibile nella sua totalità…" e poco oltre si aggiunge "…tutto quanto rilevato dimostra inequivocabilmente la sostanziale non applicazione di quanto prescritto dalla normativa vigente […], che disciplina l'attività edilizia per quanto concerne la materia di accessibilità e fruibilità degli spazi e senza dubbio la vocazione sanitaria degli edifici in questione fornisce una motivazione in più per vedere applicate tali principi nel rispetto dei diritti alla completa autonomia di ogni cittadino."

Si sottolinea che per norma vigente si intendono almeno 4 leggi (Legge 6/89, Legge regionale 13/89, DPR 503/96 e la Legge quadro 104/92), le quali prescrive che il rilascio di autorizzazioni e concessioni edilizie per gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico è vincolata all'abbattimento delle barriere architettoniche.

Al di là quindi di ogni parere in merito, è quantomeno inquietante, è scandaloso, è una presa per i fondelli che da parte degli enti pubblici non siano rispettate le leggi da loro stessi emanate e approvate. Almeno un po' di buon senso, di pudore!

E così il Santa Rita lieviterà come una grande torta a sette piani, mancano solo gli sposini di marzapane sulla cima, i portatori di handicap impenneranno la loro magica e versatile sedia a rotelle biturbo per raggiungere un qualsivoglia ambulatorio, i parenti con i malati a bordo vagheranno per il Lombardo-Veneto alla ricerca di un parcheggio (insomma che si arrangiassero!), mentre gli interessi e i guadagni privati quelli no, non vagano mai da un posto all'altro, finiscono sempre nelle stesse tasche.

 

  

 

La difesa dell'ospedale Niguarda

Dopo una ipotesi iniziale (ipotesi A) che prevedeva la costruzione di un monoblocco si è passati ad un’altra: due edifici simmetrici (ipotesi B). I padiglioni esistenti attualmente sarebbero in alcuni casi completamente abbattuti e, in altri,  adibiti a funzioni diverse da quelle attuali.

Per il progetto di fattibilità dei due edifici (ipotesi B) è stata incaricata una agenzia di progettazione: la FINLOMBARDA. Questo progetto che, possiamo anticipare, è poco attendibile, è costato la bellezza di circa 1 miliardo di vecchie lire.

La spesa stimata per “la rivoluzione di Niguarda” si aggira intorno ai 270 milioni di euro,(circa 540 miliardi delle vecchie lire) e potrebbe ancora lievitare.

Di questa somma ad oggi sono disponibili solo 95 milioni di euro (circa 185 miliardi di lire).

Dunque  mancano all’appello circa i due terzi del finanziamento necessario per un’opera che è certamente mastodontica.

Queste idee sono malate di un gigantismo che fa a pugni con quello che accade quotidianamente ai cittadini che abitano anche in questa nostra zona. Il progetto comporterebbe che:

1. nell’ipotesi B il nuovo Ospedale  così strutturato entrerebbe a regime entro 11 o 12 anni secondo la stessa Finlombarda.

2. sarebbero necessarie inoltre  alienazioni di aree interne allo stesso Ospedale.

3. i privati potrebbero entrare da finanziatori nelle attività concernenti le funzioni proprie dell’Ospedale

4. dei circa 1250 posti letto attuali ne rimarrebbero 800.

Detto questo passiamo ad esaminare gli effetti che questa  operazione produrrebbe:

 

1. gli istituti privati come il San Raffaele, la Multimedica e il Galeazzi, tutti inseriti nella fascia nord di Milano e concorrenti dell’Ospedale di Niguarda, si verrebbero a trovare in una situazione di vantaggio evidente. Infatti è facilmente prevedibile che con lo smantellamento degli attuali padiglioni del Niguarda, i cittadini verrebbero convogliati verso queste strutture private.

 

2. Gli unici che avranno da guadagnare da questa operazione saranno i potenti finanziatori che potranno rilevare le aree che oggi sono del Niguarda per costruirvi, poste in vendita per poter edificare il nuovo Ospedale.

 

3. Per la stessa ragione di reperimento di risorse per il nuovo Ospedale i privati investiranno per potere gestire interi reparti e sale operatorie, che consentiranno di rientrare dei soldi investiti prima, e trarne degli utili economici poi.

 

4. Si è già avuto modo di vedere la congestione degli Ospedali in occasione dell’arrivo di importanti epidemie influenzali o, quando viene risposto a coloro che ne hanno bisogno che non c’è posto (e questo nelle più diverse branche specialistiche). Per un Ospedale  che ha una affluenza proveniente da tutte le parti del paese la diminuzione a soli 800 posti letto ha davvero il sapore della beffa.

Dunque in sintesi: l’entrata dei privati dentro Niguarda, la riduzione dei posti letto, la speculazione edilizia che avverrebbe nell’area dell’Ospedale confinante con il parco Nord, la fuga di medici e infermieri che si intensificherebbe, essendo già iniziata da un bel pezzo, vista la situazione di incertezza e il clima insostenibile che si è venuto a creare.

Mentre si sta a discutere di progetti ciclopici abbiamo avuto casi di pazienti (ce lo hanno raccontato loro) portati verso strutture private come la Multimedica, poiché non c’era posto a Niguarda e quindi, dopo interventi chirurgici, rimandati indietro, proprio a Niguarda. Quando la situazione si fa difficile e diventa di frontiera, non più remunerativa, ecco che la Sanità Pubblica ritorna ad avere il ruolo e la titolarità che le compete.

Le cartelle cliniche del San Raffaele sotto inchiesta, i morti del Galeazzi, paiono non avere insegnato nulla. E mentre Niguarda ha mantenuto il suo ruolo di punto di riferimento fino ad oggi abbiamo dovuto assistere al suo progressivo ridimensionamento: mentre Niguarda dimagriva gli Istituti privati moltiplicavano i loro posti letto.

Non vorremmo che alla fin fine si produca proprio questo effetto: svantaggiare la Sanità Pubblica a tutto beneficio delle strutture private.

Il nostro amico M.V. che è stato colpito da infarto aveva diritto a curarsi presso il Niguarda. È stato invece spedito altrove poiché non c’era posto. Se è ancora vivo lo deve a quell’Ospedale al quale è stato restituito dopo essere stato operato senza successo.

I cittadini che riterranno di volere mantenere la certezza del diritto di poter scegliere Niguarda potranno rivolgersi presso la redazione del giornale per contattare il Comitato che rappresentiamo.

 

Luigi Tranquillino

 

 

Purtroppo ci siamo...

Purtroppo ci siamo. Il tanto annunciato disegno di legge del governo sulle droghe sembra aver superato gli scogli sui quali sembrava arenato. Fine ottobre.

Anche il presidente della Camera, Casini, è salito sulla tradotta messa in moto da Fini & C. per la riforma in senso repressivo della legge 309, peraltro già pessima.  Eliminazione tra "droghe leggere" e "pesanti", rafforzamento delle misure repressive, penali ed amministrative, semidistruzione del servizio pubblico sulle tossicodipendenze, reintroduzione di fatto della punibilità del consumatore, espunta dall'ordinamento dal referendum del '93. Un disegno di legge criminale proposto ed attuato da coloro che sono i responsabili delle attuali, fallimentari, politiche. Da coloro, proibizionisti, che non paghi, vogliono assommare disastro a disastro. Che considerando la legalizzazione"una scorciatoia" si apprestano a gettare decine di migliaia di giovani e meno direttamente nel vuoto.

Non è stato difficile, nel corso dell'estate, cogliere i segnali di un avvitamento già in atto: sui territori, lungo le strade, davanti alle scuole, nelle dichiarazioni e negli articoli giornalistici tra lo scandalistico e il demenziale.

Si vogliono liquidare anni di faticosa esperienza intorno alla riduzione del danno, ci si fa beffe delle alternative timidamente tracciate da numerosi paesi europei e nel mondo, per ripercorrere strade dimostratesi rovinose già in passato.

Porre un argine a questa deriva è il lavoro,difficile, che ci aspetta nei prossimi mesi, ma proprio questo delicato terreno è anche uno di quelli che qualifica l'alternativa e un'idea di governo che non sia riproposizione dell'esistente.

 

C. S. Leoncavallo