MartesanaDUE - maggio 2002 n. 43

 

In questo numero

 

Stazione Centrale: un  arrembaggio al demanio pubblico senza concorrenza 

   

Arte e storia dei nostri quartieri: la chiesa di santa Maria Rossa

 

I quartieri Adriano, Crescenzago e Gobba contrari ai lavori in piazza Costantino

 

Uno sguardo sulla citta' di Sandro Antoniazzi

 

Tra pochi anni gli stranieri di zona 2 saranno un quinto del totale dei residenti

 

A Milano la voglia di volontariato corre in rete

 

COOPERAZIONE NEL MONDO

 

Sima Samar: una donna ministro in Afghanistan

 

Ciad: progetto pozzo nel Sahed

 

Pittura e poesia in concorso alla media Rinaldi

Libri e altro... in via delle Leghe

Gli appuntamenti a teatro e con la cultura

SPECIALE VIALE MONZA

Le rubriche

 

Filo diretto da Parlamento

con il senatore Antonio Pizzinato

 

In difesa della sanita' pubblica

a cura del Comitato in  difesa della sanita'  pubblica

 

Lettere alla redazione

 

Navigando navigando

 

Gli annunci 

e le opportunita'

 

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MartesanaDUE

mensile di informazione, 

cultura e annunci della zona due

di Milano citta'

 

Editore

Comedit 2000

 

Direttore 

Paolo Pinardi

 

Redazione

Gianni Bazzan, 

Mattia Cappello,

Adele Delponte,

Ferdy Scala,

Luciana Vanzetti,

Aurelio Volpe

 

Red. e pubblicita'

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20127 Milano

Tel. 02/28.22.415

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Reg. Trib. MI

n. 616 settembre 99

 

 

 

 

 

 

 

   Stazione Centrale: un arrembaggio al demanio pubblico 

senza concorrenza 

Un episodio di "depredamento" in nome della redditività commerciale

Un interessante e approfondito dibattito sul "Progetto Grandi Stazioni per la ristrutturazione della Stazione Centrale di Milano" si è svolto il 7 maggio all'Hotel Hilton di via Galvani, organizzato dal Coordinamento Comitati Milanesi e dalla sezione cittadina di Italia Nostra. L'interesse principale del dibattito è consistito nel confronto tra i comitati di cittadini e di esperti, associazioni di tutela del patrimonio artistico-monumentale e i rappresentanti delle categorie imprenditoriali. I rappresentanti della società "Grandi Stazioni", invece, benché invitati, non si sono fatti vivi.

 

Il punto della situazione è stato fatto, in modo assai documentato, dall'architetto Michele Sacerdoti, esponente del Comitato di Difesa della Stazione Centrale, che ha dichiarato che l'intervento della Soprintendenza ha contribuito a migliorare significativamente il progetto preliminare del 2001, accogliendo una parte delle richieste del comitati. Ora, come abbiamo già riferito, la Soprintendenza dovrà valutare il progetto esecutivo. I problemi che restano da risolvere, per evitare che potenti interessi commerciali, (questo è il parere di Sacerdoti) trasformino la stazione in un grande "autogrill", sono quelli della destinazione della cosiddetta "galleria delle carrozze" (nella quale la Soprintendenza ha "cassato" la chiusura con vetrate e la creazione di soppalchi e balconate per spazi commerciali), la necessità di evitare la cacciata dei taxi che il nuovo progetto di massima colloca lungo pensiline esterne antiestetiche e assai più scomode per i viaggiatori. Inoltre il Comitato ritiene inaccettabile il forte allungamento di tutti i percorsi per raggiungere il "piano binari" e chiede il mantenimento delle attuali scale mobili; ritiene incompatibile con le norme di attuazione del PRG la tipologia degli esercizi commerciali previsti. Il comitato, infine, "ritiene che il Consiglio di Zona 2 debba essere il luogo dove progettisti, utenti del trasporto ferroviario, abitanti della zona, albergatori, commercianti si incontrano per portare le rispettive esigenze sul progetto".

 

Il rappresentante di Italia Nostra M. Parini, ha dichiarato che siamo di fronte al tentativo di "portare fuori dall'area della proprietà pubblica beni che sono per definizione pubblici", in nome del principio della redditività commerciale, che Caltagirone ha già applicato a Roma.

 

Carlo Montalbetti, del Coordinamento Comitati Milanesi, di fronte alla prospettiva di fare della stazione un "business district", ha affermato che ci sono potenzialità per una battaglia non solo culturale ma che si riferisce anche ad interessi economici, attraverso un'alleanza che tuteli i cittadini e insieme gli interessi imprenditoriali, riqualificando la zona per attirare investimenti.

 

L'imprenditore L. Beltrami Gadola, dopo aver affermato che Italia Nostra "rappresenta bene gli interessi dei cittadini", ha affermato che siamo di fronte ad un "arrembaggio al demanio pubblico" e ad una "strategia da predoni senza concorrenza", mentre il corrispettivo del "depredamento" è estremamente basso. Noi cittadini, ha aggiunto, siamo "cornuti e mazziati", perché abbiamo pagato già tante volte, con le imposte, il disavanzo delle ferrovie.

 

Anche Dennis Zambon, presidente del Gruppo Terziario Turistico di Assolombarda, ha rivendicato con forza il coinvolgimento degli imprenditori nella definizione del progetto.

 

Angelo Dossena, dirigente dell'associazione dei commercianti di viale Monza, ha parlato di "strumentalizzazione commerciale dei soliti noti" ed ha polemizzato con il disinteresse e l'inefficienza del Consiglio di Zona 2.

 

Giancarlo Aprea, consigliere dei Verdi della Zona 2, ha detto che il Consiglio di Zona deve poter esaminare i progetti e fare le necessarie controdeduzioni. "Il problema - ha aggiunto - è stato del tutto ignorato dalla maggioranza di Centro Destra del Consiglio di Zona, che rifiuta di assumersi ogni responsabilità". Sono necessari - ha aggiunto Aprea - un bando di concorso per il progetto e la partecipazione dei cittadini, ed ha proposto un "Consiglio straordinario" su questo tema.

 

Gianni Bazzan

 

 

 

 

 I quartieri Adriano, Crescenzago e Gobba  

contrari ai lavori in piazza Costantino

 

Nei giorni scorsi a più riprese cittadini dei quartieri Adriano, Crescenzago e Gobba hanno bloccato le ruspe in Piazza Costantino.

I lavori rientrano nell’ambito dei progetti per la riqualificazione di cinque piazze periferiche della città, tra cui piazza Costantino. Martesanadue ha più volte informato del concorso indetto e poi del progetto definitivo approvato nel luglio del 2000: il progetto affronta il tema della riorganizzazione morfologica e funzionale di un'importante area periferica della città, assegnando a piazza Costantino il ruolo di centro simbolico del quartiere.

Gli abitanti protestano contro l’avvio dei lavori che dureranno sei mesi e che, bloccando la piazza e l’ultima parte di via Padova, imbottiglierebbe l’intera zona: chiedono, in particolare, la costruzione di un ponte provvisorio sul Naviglio in via Idro, uno sbocco in via Anassagora e percorsi alternativi per il traffico che entra in città da concordare con il Comune di Sesto S. G. per quanto riguarda il quartiere Adriano.

Una delibera approvata dall’intero Consiglio di Zona ha già chiesto la sospensione dei lavori, così come un odg presentato da due consiglieri comunali (uno della maggioranza e uno della minoranza); ma il Comune sembra non accorgersi di tutto ciò. Alcuni cittadini dei quartieri interessati hanno presentato un esposto in Procura.

 

                       

 

 

 Uno sguardo sulla citta'

Colgo l’occasione della Convocazione del Consiglio Comunale Straordinario del 13 maggio, con la presenza del Ministro Bossi (che è nel contempo consigliere comunale, pur non avendo mai partecipato ad una sola seduta) per parlare di un problema serio della società attuale, quello dell’immigrazione.

Non è un problema solo nostro e neppure solo europeo, ma un problema mondiale.

Se in Italia gli immigrati rappresentano meno del 3% della popolazione, in Canada costituiscono il 16%, gli USA il 9,8%, in Australia il 21,5%.

Ed anche i nuovi arrivi vedono una pressione spesso maggiore in questi paesi: nel 1998 sono arrivati in Europa 1milione 553mila nuovi immigrati e 1milione 684mila negli Stati Uniti, che hanno una popolazione inferiore; in Canada e in Australia il dato è proporzionalmente superiore.

Da alcuni anni anche stati che non avevano praticamente conosciuto l’immigrazione (il Giappone, sono coinvolti nel problema).

La mondializzazione dell’economia ha messo in moto un processo di trasformazione delle vecchie economie locali e di spinta a conformarsi ai modelli dei paesi più avanzati che porta, non solo ad un grande movimento di beni e di capitali, ma sempre più anche di persone.

Per non parlare poi delle guerre e del disfacimento di interi paesi che hanno comportato altre ingenti immigrazioni.

Così tanti paesi si sono trovati a fronteggiare una pressione crescente da carattere ambivalente: da una parte l’immigrazione costituisce un problema non facile dall’altra risponde anche ad una esigenza reale dell’economia  per coprire soprattutto i bassi livelli di mano d’opera.

Tutto questo per dire che è inimmaginabile che si possa evitare l’immigrazione: con essa dobbiamo ormai convivere e fare i conti. Ma ciò non significa impotenza o che non ci sia nulla da fare.

L’immigrazione è un movimento che va il più possibile regolamentato, orientato, gestito, finalizzato in modo da evitare al massimo i grandi costi umani che l’accompagnano ed insieme l’impatto negativo di una immigrazione indiscriminata e non regolata.

La regolamentazione non è un problema che un paese può risolvere per conto proprio.

Giustamente l’Europa ha deciso di adottare una politica comune che sta gradualmente realizzando, ma occorrono anche accordi internazionali,  progetti di cooperazione, intese bilaterali; interventi economici e sociali; insomma una rete di collaborazione mondiale in grado di intercettare ed indirizzare il processo.

La regolamentazione della legge Turco-Napolitano del passato governo di Centro Sinistra ha costituito una buona base: ora sono in campo delle modifiche presentate da Bossi–Fini con il deliberato intento di aumentare la repressione.

Ma il difetto di queste proposte è che, per volontà di reprimere, non si contrasti solo l’illegalità ma si renda sempre più difficile anche l’immigrazione regolare e questo costituisce un errore non solo civile ma anche di gestione del problema.

Infatti alla regolamentazione del problema va accompagnata l’integrazione. E l’integrazione significa sostanzialmente due cose:

una azione positiva volta a creare le condizioni perché gli immigrati regolari possano progressivamente inserirsi nella società e un’oculata politica di intervento e di controllo per impedire che si formino sacche di illegalità, di degrado, di esclusione, in cui si alimentano le prospettive peggiori (lavoro nero, sfruttamento, schiavitù, prostituzione forzata da una parte, devianza, violenza, criminalità piccola e grande dall’altra).

Un’azione positiva non significa trascurare le esigenze degli italiani, ma bisogna sapere che l’integrazione è un processo lungo e complesso che non si può realizzare con scorciatoie e non è solo un problema  materiale: una politica dell’accoglienza è un lavoro perseverante, sociale, educativo, culturale, perché l’integrazione non è un fatto naturale che avviene da solo.

La politica dell’integrazione è necessaria perché è l’unica che può seriamente evitare il degrado, dando invece una risposta positiva ai problemi allontana le paura e le preoccupazione degli italiani, che sono diffuse e devono trovare risposte.

Ecco perché è importante un impegno del Comune che ad esempio deve trovare una risposta agli insediamenti regolari dei nomadi (con piccoli campi attrezzati e regolati) e dal bisogno di spazi per intere nazionalità che altrimenti occupano spazi pubblici in modo improprio, ma deve preoccuparsi della casa, della formazione professionale dell’azione di sostegno scolastico, e così via.

Il recente accordo sindacale firmato a Milano è un piccolo segno di questa decisione.

Così il programma regionale per la ripresa, dopo molti anni, della costruzione di case popolari in affitto è una risposta parziale ma giusta ad un’esigenza essenziale che riguarda tanto gli italiani quanto gli stranieri.

Ciò che non bisogna fare è predicare divisione e alimentare contrasti suscitando la caccia alle streghe e la ricerca di capri espiatori.

Una politica di integrazione è innanzitutto coltivare una cultura civile, che è sempre stata di Milano, di sapere affrontare positivamente i problemi e di saperli risolvere nell’interesse della città e dei suoi abitanti.

 

Sandro Antoniazzi