Le marchette di Repubblica, lo straparlare 

di riformismo e l'altra sinistra 

di Paolo Pinardi


Osservatori seri che volessero analizzare oggettivamente questi ultimi 4 mesi di lavorio della politica in vista della scadenza elettorale nella nostra regione il 3 e 4 aprile, non potrebbero non prendere atto di un fatto nuovo: una rete di movimenti e associazioni che ha posto in essere un esperimento e un progetto fuori da ogni logica minoritaria e delineando concretamente un'altra Lombardia. Lo ha fatto partendo da alcuni bisogni, beni comuni e diritti, proponendo un nuovo rilancio industriale non basato sul fossile e ambientalmente compatibile, denunciando una Milano e una Regione precarizzata e senza futuro, a cominciare dai cantieri edili - dove si muore per 3 euro all’ora con i caporali che sostituiscono le agenzie interinali -, ai call center dell’informatizzazione e della comunicazione trasformati in gironi danteschi con ventenni e quarantenni soli e provvisori e clienti sempre più incazzati, per arrivare alla ricerca e all’università senza finanziamenti e speranze, passando per i pendolari trattati
come bestiame da ammucchiare nei carri ferroviari e infine gli operai dell’Alfa che anziché protagonisti della nuova auto ecologica sono ridotti a chiedere di essere assunti in qualche ente pubblico o in qualche centro intermodale di stoccaggio merci.
Con Agostinelli, questa rete vuole dare rappresentanza a questi pezzi di società, farli pesare sul tavolo della solita politica, magari scompaginandola.

Per la verità, noi di via delle Leghe avremmo preferito Agostinelli candidato presidente di questo schieramento, o quantomeno protagonista insieme ad altri di una consultazione popolare tipo quella della Puglia per stabilire il candidato del centro-sinistra: ne avremmo visto delle belle. Invece, incassato l’appoggio e la copertura da sinistra di Agostinelli, il centro-sinistra e il suo candidato Sarfatti hanno ripreso immediatamente il tormentone sulla conquista del centro per vincere, sui riformisti che devono stare di qua e non di là e che noi siamo i veri riformisti, i veri eredi del Craxismo. Le pagine milanesi de La Repubblica, come al solito, hanno orchestrato questa tiritera intervistando a più riprese i soliti tre o quattro, che non fanno che ripetere banalità e
ovvietà del tipo “si vince scegliendo l’innovazione e la modernità” e ignorando Agostinelli, la sua rete e il suo programma e persino la sua conferenza stampa di presentazione: alla faccia dell’informazione!
Presi poi da un momentaneo delirio di euforia, avrebbero volentieri cestinato pure Sarfatti, per rimettere in corsa Penati, il vero candidato riformista che ci farebbe vincere; poi ci hanno ripensato, qualcuno deve avergli detto che la missione è impossibile, meglio rimandare all’anno prossimo candidandolo sindaco; oppure  c’è sempre Panzeri che La Repubblica sponsorizza inevitabilmente da anni per qualsiasi carica, ma lasciamolo in Europa; meglio per il momento concentrarsi sulla supremazia diessina nella Fed, magari riuscendo ad eleggere al decimo tentativo il loro segretario milanese. Se fino a qualche anno fa il riformismo milanese non aveva una classe dirigente all’altezza della situazione, oggi il problema è risolto.
Noi, nel nostro piccolo, continuiamo a pensare che la sinistra, per vincere, deve riconquistare il voto delle periferie, della gente che fatica ad arrivare a fine mese; è questo che vorremmo vedere alle prossime vere elezioni, quelle regionali di adesso e le politiche del 2006, dove vota solitamente quasi l’80% degli elettori, e non il 35 o il 50%. Vorremmo vedere più consenso intorno alla nuova Provincia di Milano mentre lavora sui problemi veri come stanno facendo alcuni assessorati e sentir meno parlare di autostrade di presidenze o di rapporti con la Lega per mettere in difficoltà il Polo; vorremmo vedere di più l’opposizione a Palazzo Marino e
in Regione collegarsi con il territorio per essere più efficaci e meno ceto politico.
Ecco perché abbiamo creduto in Agostinelli e nel suo laboratorio; ecco perché vogliamo continuare a farlo durante e soprattutto dopo questa campagna elettorale; al congresso nazionale dei Ds ovviamente il tormentone riformista è continuato, ma se non altro lì sono emersi con chiarezza il progetto, il soggetto e i contenuti (sicuramente di più che dalle interviste nelle pagine locali de La Repubblica); vorremmo vedere nell’altra sinistra che critica i meccanismi di fondo altrettanta forza e chiarezza nel riequilibrare e influenzare l’intero centro-sinistra: gli appuntamenti romani di gennaio e i risultati pugliesi dimostrano che è possibile; vorremmo che qualche altro segnale di vita venisse da Milano, magari dalla sinistra Ds già svuotata e che dopo il silenzio tombale su Agostinelli  rischia l’isolamento politico. Vorremmo soprattutto vedere tornare a casa Berlusconi per le idee nuove e programmi forti messi in campo a sinistra che ci permettano di non ripetere gli errori e i disastri del centro-sinistra al governo nella scorsa legislatura.