Porto Alegre - il diario di Mario Agostinelli

 

Porto Alegre (Brasile) - Un premio Nobel, Josè Saramago, uno scrittore uruguayano, Edoardo Galeano, il direttore de "Le monde diplomatique", Ignàcio Ramonet, e Federico Mayor Zaragoza discutono di utopia e politica

«La politica deve rendere possibile domani quello che oggi è impossibile»

Nel grande auditorio Araùjo Vianna a discutere su Don Chisciotte oggi, utopia o politica cisono il premio Nobel Josè Saramago, lo scrittore uruguayano Edoardo Galeano, il direttore de Le monde diplomatique Ignàcio Ramonet e Federico Mayor Zaragoza. Moderatore Roberto Savio.

La coda per entrare è lunga almeno un chilometro, ma nessuno accenna a rinunciare. Nonostante il caldo e l’umidità da sauna. A parte il rappresentante del governo brasiliano questi scrittori saranno applauditi e acclamati con un tifo da stadio. E un amore da innamorati.

Per Edoardo Galeano «La politica deve essere l’arte di rendere possibile domani quello che oggi è impossibile». Cita Pregogine per ricordare che «nessuna reazione fisica avviene senza calore e senza amore», parla della necessità non solo di protestare ma di fare proposte di portare l’utopia là dove ci sono solo mercanti. «Sia che ci sia maltempo vento e freddo si deve seminare, l’unico seme che non avremo è quel seme che non avremo avuto il coraggio di piantare». Ricorda però che, «l’utopia termina là dove cresce il dogma. L’utopia termina quando si tace sulla tortura e sulla corruzione». Ma, soprattutto, dice abbiamo bisogno di fantasia e di una democrazia genuina dove «ciascuno conta e nessuno è contato». Ricorda che questa novella immortale, questa avventura della libertà, è nata mentre Cervantes era rinchiuso nelle carceri di Siviglia per debiti «come noi Sudamericani oggi». «C’è un mondo nella pancia del mondo e chissà non sia migliore di questo. Un mio amico, un pittore analfabeta di nome Vargas, dipingeva arcobaleni e animali più grandi degli uomini. I suoi critici ritenevano che la sua pittura fosse un elogio alla natura tropicale ma lui era nato in una zona petrolifera dove non c’era una pianta. Per me,invece, Vargas era un pittore realista:dipingeva la terra che desiderava».

Per Ignàcio Ramonet , «Qui ci sono molte Quijotes e Quijotas, ma non sono pazzi come non lo era Don Chisciotte». Ricorda che la parola utopia è stata inventata da Tommaso Moro e dal suo sogno di descrivere una società perfetta; ma una società perfetta può essere dogmatica. Non per nulla le società ideali del XX secolo fallirono e si trasformarono dogmatiche. Non Don Chisciotte, lui, semplicemente, non sopporta l’ineguaglianza e l’ingiustizia. È un’altruista che offre il suo coraggio agli indifesi. Non lotta per un mondo irreale ma per un mondo possibile. Cos’è il Forum sociale Mondiale? È l’assemblea dell’umanità, è Babele con un obbiettivo pazzo: cambiare il mondo. Ci vogliono tanti Don Chisciotte e qui ce ne sono tanti. «Dicono che lottiamo contro i mulini a vento ma in questo mondo su 6 miliardi 5 sono di poveri. Viviamo in un mondo alla rovescia. Una vacca in Europa riceve più di 4$ di sovvenzione al giorno mentre ci sono milioni di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno. È un mondo scandalosamente ingiusto. Dobbiamo uscire dal disastro della globalizzazione. L’utopia è solo una verità prematura».

Ultimo prende la parola Josè Saramago e spiazza tutti. «Per me la parola utopia non significa nulla, se potessi la cancellerei dal dizionario per sostituirla con una parola che già esiste e questa parola è semplicemente domani». Per lo scrittore il Forum dovrebbe diventare un luogo non di semplice rivendicazione, è necessario passare ad uno stadio successivo che implichi la presenza di proposte e obbiettivi consensuali.

La globalizzazione economica è la nuova arma di un progetto imperialista che passa attraverso un nuovo tipo di sfruttamento mondiale e se non ci prepariamo ad affrontarlo ci sarà una dispersione di volontà. «Le batterie devono funzionare perché il motore possa funzionare». Il Forum non deve diventare una ONG diluita in una quantità astronomica di ONG ma essere uno strumento di azione.

L’utopia trasformata nel domani. «L’utopia è qualche cosa che non si sa dove sta», si suppone che esista ma si ignora il dove. Pertanto, «quando dico che vorrei cancellarla e se dovessi sostituirla allora la sostituirei con una parola che già esiste e questa parola è semplicemente domani. È per domani che si sta lavorando oggi .E quindi collochiamo l’utopia per quello che è non collochiamola da nessuna parte. Collochiamoci nel domani e nel qui perché il domani è l’unica utopia».

Ma anche il Forum è in una fase di forte cambiamento. La magnifica Babele di linguaggi, razze, colore è diventata frantumazione e gli organizzatori si stanno interrogando su come proseguire. La scelta è la regionalizzazione. Europa e Africa si incontreranno nel 2006 a Marrakeh, l’Asia a Madras e le Americhe a Caracas. Chàvez infatti è venuto a prendere il testimone del continente dove i fermenti sociali sono più intensi e originali.

Con queste note finisce la corrispondenza diretta. A presto, se ne avrete la pazienza, qualche considerazione meno a caldo.

Se c’è una star a questo Quinto Forum Mundial Social di Porto Alegre è il presidente venezuelano Hugo Chàvez. Questo Forum si è caratterizzato, anche per la scontata forte partecipazione di realtà brasiliane, se non proprio per la contestazione, come forte strumento di pressione nei confronti di Lula. Il dilemma in cui si dibatte, non tanto e non solo il PT, il partito dei lavoratori al governo, ma la base sociale che ha portato Lula alla presidenza è: dobbiamo appoggiarlo comunque e sempre o agire anche con la lotta e critica? Bene la campagna Fame zero, male, anzi malissimo, la sua politica economica. Allo stadio Gigantinho Lula ha parlato tra applausi e fischi, restando all’interno di un discorso cauto e pacato. Nello stesso stadio dove Chàvez chiude con un bagno di popolo totale, annunciando l’avvento della nuova repubblica bolivariana del Venezuela, l’esperienza esportabile di un socialismo rivoluzionario, una opposizione dura e decisa a Bush.

Mercoledi 2 Febbraio 2005

Porto Alegre (Brasile) - Successo per il seminario organizzato da Ctm altromercato

Da Porto Alegre a Varese...globale e locale per un altro mondo possibile

Nell’ultimo giorno della mia permanenza al Forum ho concentrato la partecipazione nel settore K, quello dedicato al commercio equo e alla economia solidale. Si tratta di una realtà qui ben percepibile, in fase di espansione, sottoposta a continua revisione. Sin dal 2001 questo settore ha partecipato al percorso dei forum sociali (europeo e mondiale) ponendosi l’obiettivo, oltre che della divulgazione del commercio equo, del coinvolgimento di migliaia di iniziative locali nella relazione con altre reti che perseguono obiettivi simili, e soprattutto nel rendere consapevoli quanti sono coinvolti nel Forum dell’importanza strategica, politica e culturale, del commercio equo/economia solidale, e delle potenzialità di innovazione (rispetto alle forme tradizionali della politica militante) che questi temi hanno.

Al quinto Forum Sociale (già Mumbai aveva segnato una svolta positiva) questo lavoro ha prodotto grandi risultati. Chi opera nelle Botteghe del Mondo può essere consapevole che l’area nella quale si riverbera la sua azione si è notevolmente allargata, che è stata acquisita maggiore autorevolezza, e che il messaggio e l’alfabeto del commercio equo oggi trovano riscontro e comprensione anche in nuovi ambiti e in nuovi continenti.

Il Forum di questo anno ha posto tra le priorità riconosciute (e non solo tra le attività espositive) i prodotti dell’economia sociale, edha avuto in una ricchissima e variopinta fiera dell’economia solidale e popolare, ristorazione inclusa, uno dei suoi punti di maggiore visibilità. Solo contando seminari e workshop, sono 84 quelli che trattano l’economia solidale, oltre a 39 che parlano solo di commercio equo.

Non si può tuttavia sottovalutare che anche questo settore ha corso irischi più generali presenti in questa manifestazione: ripetitività, scarso coordinamento, pericolo di inconcludenza. In particolare, dopo Mumbay gli Italiani iFrancesi e gli Spagnoli hanno proposto di evitare la corsa ad organizzare ciascuno il proprio seminario, dedicando invece le maggiori energie al coordinamento ed a ragionare sul "dopo Forum".

Pochi giorni prima dell’inizio del Forum sono state previste apposite sessioni di valutazione finale del Forum in cui discutere come proseguire oltre Porto Alegre.  Il Ctm altromercato parteciperà alle sessioni di valutazione sul rapporto con i movimenti sociali e sul commercio equo (coordinato da Ifat),dopo aver riscontrato il maggiore interessamento che tanti rappresentanti dei paesi del Sud hanno manifestato, in particolare sul tema del consumo critico.

Le proposte di iniziative/campagne a livello mondiale con cui si concluderà il Forum contengono un’azione di boicottaggio mondiale contro alcune grandi multinazionali del settore dell’alimentazione, come la Coca Cola.  Giorgio Dal Fiume, rappresentante italiano di CTM, ha risposto ad una mia sollecitazione con affermazioni molto impegnative.«Il commercio equo che noi perseguiamo - e che speriamo possa costituire un modello positivo per il movimento delle Botteghe del Mondo, non deve rinunciare a nessuna di queste due dimensioni: lavorare per il cambiamento sociale, ma anche tenere continuamente a mente il destino delle persone con sui si rapporta quotidianamente».

Giorgio Dal Fiume, Gianni Tamino (biologo protagonista di battaglie a sostegno dell’agricoltura biologica e contro gli OGM) e Stefano Magnoni (direttore della cooperativa Chico Mendez) saranno con noi a Varese nelle prossime settimane in iniziative pubbliche per valutare la possibilità di tradurre in proposte concrete queste suggestioni, anche in funzione del contributo al programma dal basso che "Altralombardia" fornirà alla GAD per le prossime elezioni regionali.

Da Porto Alegre a Tradate…globale e locale per un altro mondo possibile.

Senza cambio della mente e del cuore non c’è economia solidale. Il secondo seminario organizzato da Ctm altromercato ("promuovere Botteghe del Mondo e organizzazioni di commercio equo e solidale nei paesi del Sud del mondo") si è rivelato un vero successo. La nostra intenzione era di presentare esperienze concrete (il lavoro di promozione di Botteghe del Mondo in India e Argentina su cui stiamo lavorando, cui si associa in quest’ultimo paese la promozione del commercio equo attraverso Otromercado Sur, associazione da noi promossa assieme ad una rete di organizzazioni locali), per stimolare il confronto sullo sviluppo del commercio equo nel Sud del mondo, e di scambio di prodotti Sud/Sud. Abbiamo lasciato ai relatori che hanno accettato il nostro invito – rappresentanti di produttori di Ecuador, Argentina, Filippine, Cile – tutto il tempo della presentazione delle esperienze, ed il dibattito che ne è nato è stato estremamente interessante, in quanto il pubblico – un centinaio di persone, in gran parte sudamericani interessati all’economia solidale, o già attivi in essa ed in cerca di collegamenti e sbocchi politici ed economici – ha sviluppato con competenza la maggioranza delle problematiche connesse al commercio equo.

Padre Shay Cullen di Preda, Filippine, ci ha ricordato che il commercio equo deve necessariamente tenersi collegato alle lotte sociali, in quanto da solo non riuscirà a cambiare il mondo e solo modificando le regole economiche ed i poteri globali riuscirà a cogliere i suoi obiettivi. Mentre Antonia, dell’Associazione Senor de Mayo (Bolivia) ci ha ricordato come solo grazie al commercio.equo e solidale le 800 persone che lavorano con lei – donne sole, disabili, marginali - possono avere una vita degna ed organizzarsi, in quanto sistematicamente rifiutate dal mercato tradizionale ed escluse da ogni ambito di partecipazione sociale. Abbiamo avuto la netta sensazione di come venga evidenziato il salto di consapevolezza ed organizzativo sui nostri temi, in quanto non parliamo più di un futuro ideale, di principi che sono ancora da spiegare e capire.Ci sembra ormai avviato quel lavoro di costituzione di reti tra organizzazioni del sud del mondo che riteniamo essere uno dei pilastri per lo sviluppo di un’economia alternativa in questi paesi. Noi ne traiamo una lezione: è vero che il commercio equo da solo non potrà mai cambiare il mondo (del resto è proprio per questo che siamo qui); ma è anche vero che laddove arriva il commercio equo, la vita delle persone concrete cambia radicalmente ed assume un altro valore ed un’altra prospettiva.

Lunedi 31 Gennaio 2005

Porto Alegre (Brasile) - Alcuni tra i più prestigiosi intellettuali del movimento hanno presentato un documento-manifesto

Il manifesto dei "19", come orientare la politica globale

Oggi nei corridoi  polverosi tra le centinaia di tende che ospitano il dibattito del Forum non si parla d’altro: dell’inaspettato documento-manifesto dei “19” che alcuni tra i più prestigiosi intellettuali del movimento hanno presentato ieri sera all’Hotel Plaza, fuori dai confini della città-tenda dei seminari e delle manifestazioni politico culturali di Porto Alegre 2005. Basta citare alcuni nomi per rendersi conto del peso dell’iniziativa lanciata e paracadutata senza preavviso sull’assemblea dei movimenti, che si riunisce quotidianamente per eleborare le proposte finali:Aminata Traorè (Mali), Galeano (Uruguay), Saramago (Portogallo), Houtart (Belgio), Sousa Santos e Frei Betto (Brasile), Savio (Argentina), Ramonet e Cassen (Francia), Petrella (Italia), Amin (Egitto), Bello (Filippine), Wallerstein (Usa).

Il manifesto propone dodici punti su cui orientare la politica globale e lanciare le campagne del movimento dirette a  combattere ed influenzare direttamente le politiche dei governi nazionali. Annullamento del debito, blocco dei patrimoni mafiosi e dei paradisi fiscali, diritto di ogni abitante del pianeta al lavoro e alla protezione sociale, Tobin tax- tassa sulle transizioni di armi- tassa sulle fonti fossili, sovranità alimentare, blocco della privatizzazione dei beni comuni, politiche antidiscriminatorie verso indigeni donne immigrati, lotta al cambiamento climatico e per le energie rinnovabili,  smantellamento delle basi militari all’estero, diritto all’informazione, riforma democratica di ONU WTO BMI.

Si tratta di proposte largamente condivise dal movimento, ma la domanda è: perché un atto così mediaticamente rilevante esterno alla prassi democratica che prevede che ogni proposta venga presentata all’assemnblea? (Io stesso, come titolare del gruppo energia ho consegnato una  risoluzione concordata nel gruppo ai portavoce dell’assemblea). Perché, come dice Whittaker, un prestigioso critico dell’iniziativa, non appendere il manifesto tra le centinaia di altre proposte che riempiono l’albo fuori della tenda G203?

Ho chiesto questo a Ramonet, Petrella e Savio che sembravano sconcertati dal rumore creatosi. “In fondo- dicono- si tratta della sintesi di quello che il FSM sta proponendo a livello mondiale, ma che non ha mai il coraggio di sintetizzare in slogan e proposizioni da articolare localmente; non è utile continuare a parlare di un altro mondo possibile senza dire come e quando; in fondo è il salto qualitativo che ci viene richiesto, poiché abbiamo molto discusso ed ora dobbiamo passare all’azione e trasformare il FSM  in una forza politica per cambiare il mondo.”

Le critiche però sono diffuse e alludono maliziosamente al timore dei grandi guru del movimento di sparire dalla scena di fronte a 160000 partecipanti tutti organizzati per dibattiti, temi e proposte e non capitati al Forum solo per guardare e o passeggiare tra gli stands, come ad una grande fiera dell’altermondialismo.

Una insolente giornalista di Liberation ha chiesto alla conferenza stampa dei 19 se non è il sentirsi un po’ nonni di fronte a tanti giovani che li costringe a scrivere una tavola delle leggi come fosse la lapide della loro testimonianza.  Ha risposto Houtart che quando un vecchio parla ai giovani, comunque parli, dà il segnale che spera e crede che il suo messaggio venga raccolto e che si stia attuando il passaggio di generazione e la nascita di un gruppo dirigente più democratico e popolare.

Bella risposta!

E quanto lontano questo appassionato sguardo al futuro dalle cronache italiane del Telegiornale che ci tocca vedere a fine giornata e dove non c’è nemmeno un accenno a quanto qui sta avvenendo nell’interesse dei popoli del mondo. In compenso veniamo informati dell’ennesima convention di Alleanza Nazionale sul nulla, delle bugie di Berlusconi che nemmeno sono in grado di ricordare, ma su cui sono intervenuti dieci altri leader o leaderini o delle primarie della GAD che si faranno o no a seconda che si sappia prima come andranno a finire e senza uno straccio di programma che ci faccia sentire in un minimo collegamento con le risorse e le passioni dell’evento che qui ci sta coinvolgendo come l’estate brasiliana.

Domenica 30 Gennaio 2005

 

Porto Alegre (Brasile) - Lula chiede un fondo mondiale per combattere la povertà

Se l’inaugurazione del Forum di Porto Alegre ha rappresentato col suo corteo variopinto, con l’arrivo delle delegazioni da tutto il mondo e con la presenza festosa di ragazzi e ragazze giovanissimi l’immagine più aderente alla tradizione del movimento dei movimenti, l’intervento di Lula al Gigantinho, uno stadio appositamente preparato per la sua immersione nel vivo del dibattito, ha costituito il tratto saliente della prima giornata e la riprova della forza della "seconda potenza mondiale", anche quando si confronta con i meccanismi della politica e della democrazia rappresentativa.

Accolto da molte perplessità tra i partecipanti per il carattere di possibile invadenza e per i timori di strumentalizzazione, esposto alla contestazione di una parte consistente dei suoi alleati delusi dalla politica economica e socialed el suo governo, premuto dalla stampa conservatrice brasiliana che vede nella sua doppia presenza a Porto Alegre e a Davos il riconoscimento della impossibilità di una globalizzazione diversa da quella in corso, il presidente brasiliano ha tenuto un discorso di alto profilo, ma non ha convinto i suoi critici più intransigenti.

Nel suo lungo e appassionato discorso, si è collegato immediatamente alla trasformazione in corso nell’America Latina, dove la sua solida alleanza con Kirchner in Argentina, Chavez in Venezuela, Tabarè Vasquez in Uruguay,accompagnata dal gradimento popolare da parte degli indigeni di Ecuador Bolivia e Perù, gli ha consentito di battere la proposta di Bush dell’ALCA, un mercato dipendente dagli Usa per tutto l’antico "cortile di casa" del capitalismo armato nordamericano.

Ha poi disegnato un percorso per il Sud del mondo, con Brasile, Sudafrica e India a fare da battistrada di una politica agricola che consenta di sfamare la parte più povera della terra.

Da ultimo ha lanciato la campagna contro la povertà superando i confini del suo Paese – dove peraltro i successi sono ancora troppo esigui – e proponendo un fondo mondiale per combattere la miseria, proveniente dalle transazioni sul commercio delle armi, dalla applicazione della Tobin Tax, dal prelievo fiscale sulle fonti energetiche fossili.

Un disegno da statista di livello, gradito al movimento di cui incontra le aspirazioni e sostiene alcune proposte originali, ma lasciato a metà dalla scarsa rispondenza a queste aspirazioni della politica sociale finora attuata nel suo Paese sotto la pressione del Fondo Monetario.

Era impressionante percepire la tensione dei quindicimila partecipanti, moltissimi militanti del suo partito, il PT, non sempre teneri verso il loro leader. Al sorgere di fischi e contestazioni, assorbite con naturalezza dall’espertissimo ex-sindacalista metalmeccanico, partivano applausi scoscianti e ritmati dallo sventolio delle bandiere. Una contesa sottile tra i suoi stessi sostenitori elettorali di tre anni addietro.

Le perplessità si sono in gran parte sciolte quando ha ripetuto più volte "eu sou daqui!" io appartengo a voi, ed ha esaltato la democrazia come la soluzione delle difficoltà in campo.

A fine manifestazione, ho provato ad intervistare alcuni dei leader del movimento che conosco. Candido Grzybowski del Comitato internazionale del FSM mi ha detto: «Lula è il leader emergente che è in grado di sfuggire alla tenaglia terrorismo-guerra e di ricreare un mondo multilaterale dove la politica e il consenso popolare contano assai di più degli eserciti e dell’annullamento della democrazia. Bush teme lui più di ogni altro perché la sua risorsa è la democrazia, non solo l’economia».

Pedro Stedile, il leader del movimento dei Sem Terra è invece accoratamente critico. Lui che continua ad attendere la svolta di Lula e che continua a incanalare la protesta contadina e l’occupazione delle terre verso il sostegno al primo governo di sinistra della storia brasiliana, scuote la testa. " La politica estera del Presidente è una pezza nobile posta sulla toppa dell’accettazione passiva della divisione internazionale del lavoro imposta dal Fondo Monetario, che prevede bassi salari e distruzione di welfare per l’America Latina e l’abbandono delle terre allo sfruttamento dei latifondisti per impedire una grande politica alimentare di liberazione dal problema della fame."

La presenza della più alta istituzione del Paese ospitante ha fatto da detonatore di un problema centrale per il futuro di questo movimento: quando, come ormai avviene nei 2500 seminari in corso, si passa dalla protesta alla proposta quali legami vanno costruiti con le istituzioni democratiche per ottenere cambiamenti e risultati senza perdere autonomia e mantenendo il radicamento sociale delle proprie lotte?

Sabato 29 Gennaio 2005