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Dalle riforme pensionistiche all'organizzazione del lavoro in Italia e in Europa. E non solo...

 

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I CONTI DELL'INPS

 

Sempre nella logica del confronto con quanto avviene negli altri paesi europei, si può dire che l’Italia è l’unico paese che scarica sugli Enti Previdenziali una serie di costi assistenziali che nulla avrebbero a vedere con i bilanci e gli scopi di tali enti.

A carico dell’INPS e di altri enti analoghi gravano varie forme di assistenza. Ciò significa che con i contributi previdenziali dei lavoratori dipendenti e delle imprese si coprono i costi delle famose “pensioni sociali” o degli adeguamenti ai minimi pensionistici erogati a categorie di cittadini che non hanno mai versato una lira (artigiani, commercianti, liberi professionisti, ecc.). Non solo, con gli stessi contributi si sono pagati per anni i ricorsi delle imprese alla cassa integrazione ed alla mobilità, si sono cioè pagate le ristrutturazioni (vere o fasulle che fossero) del sistema delle imprese a tutto vantaggio dei datori di lavoro e senza nessuna contropartita per i lavoratori dipendenti.

In termini approssimativi le spese per l’assistenza gravano sul bilancio INPS per un valore che si attesta attorno ai 70.000 miliardi annui.

Un incredibile drenaggio di risorse indebitamente accollate ai contributi pensionistici anziché, come sarebbe più logico ed equo, alla fiscalità generale. Ma si sa che parlare di fiscalità generale in un paese che vanta la “piccola” anomalia di oltre 200.000 miliardi di evasione fiscale annua è quanto meno inopportuno per la nostra classe dirigente.

Nonostante questa situazione gravemente penalizzante per gli Enti Previdenziali, l’allarme sui conti non è mai venuta dai dirigenti degli Istituti. Al contrario, se prendiamo ad esempio il precedente (DR. Billia) e l’attuale Presidente INPS, dobbiamo riscontrare che le loro posizioni sono sempre state di cauto ottimismo ed entrambi hanno segnalato che il post riforma ha determinato un rallentamento significativo del deficit. Forse questa è la ragione per cui i due maggiori dirigenti del più importante Ente Previdenziale italiani non vengono mai invitati ai dibattiti televisivi sul welfare.

Da altri pulpiti non si è invece persa occasione per gettare benzina sul fuoco. Fazio, Governatore della Banca d’Italia è da anni scatenato su questo tema pur svicolando alle domande sui trattamenti pensionistici dei dipendenti della Banca d’Italia. A lui si affianca una pletora di piccoli imprenditori (D’Amato, Fossa, Marcegaglia, ecc.) che dalle loro fabbrichette sono improvvisamente assurti al ruolo di grandi economisti, e, infine, uno stuolo di giornalisti, commentatori vari, opinion leaders e politici. La crociata è del tutto trasversale agli schieramenti e tutti gli interlocutori sono uniti da un comune sentimento: il profondo disinteresse per le conseguenze reali che le revisioni del sistema previdenziale hanno creato a tanti lavoratori ed alle loro famiglie. 

 

 

 

 

per ulteriori informazioni: atdalit@yahoo.it