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PERCHE' NON DI E' SVILUPPATO UN SISTEMA PREVIDENZIALE INTEGRATIVO?
Secondo il sistema delle imprese il costo del lavoro in Italia è eccessivo se rapportato agli altri paesi e tale costo dipende in massima parte dall’incidenza degli oneri contributivi. Inoltre l’Italia è anche l’unico paese in cui esiste il famigerato TFR (trattamento di fine rapporto o liquidazione) che obbliga le aziende ad immobilizzare un’enorme massa di denaro da destinarsi appunto alle liquidazioni dei dipendenti. In queste condizioni sarebbe stato impensabile sostenere altri costi per la creazione di un sistema previdenziale integrativo. Queste
affermazioni si scontrano con una realtà facilmente dimostrabile. Innanzitutto
suona del tutto risibile il riferimento ai costi del TFR, una massa di
denaro che le aziende impiegano da sempre per autofinanziare qualsiasi
necessità dimenticando che quel denaro costituisce una retribuzione
differita nel tempo sulla quale il lavoratore, al momento della
riscossione, non percepirà neppure una lira di interesse. Accantonato il tema del TFR, è opportuno precisare che sistemi previdenziali integrativi sono stati creati dalle aziende ma solo in misura limitata e riservata esclusivamente alle categorie dei dirigenti e dei quadri, cioè a quelle categorie che già godono di una serie di benefici economici e normativi. Dirigenti e quadri sono infatti tenuti a versare una percentuale del proprio stipendio al fondo previdenziale integrativo, percentuale a cui si somma un analogo o più consistente contributo erogato dall’azienda. Ciò non mette comunque al riparo queste categorie rispetto al rischio derivante da una loro espulsione dal ciclo produttivo prima di avere raggiunto i requisiti pensionistici. Infatti i sistemi previdenziali integrativi per i dirigenti non sono certo concepiti nella logica nordeuropea che mira a fornire una copertura del periodo intercorrente tra la risoluzione del rapporto di lavoro ed il raggiungimento dell’età anagrafica per la quale spetta la pensione pubblica. Considerando infatti che un lavoratore ben difficilmente raggiunge il livello di quadro o dirigente in giovane età, gli anni per lui utili per effettuare i versamenti ai fondi privatistici sono una minima parte se rapportati all’intera vita lavorativa e, di conseguenza, danno diritto ad una rendita vitalizia non lontana da quella della pensione minima garantita dal sistema previdenziale pubblico. Una considerazione tanto vera che quasi nessun quadro o dirigente, al termine del rapporto di lavoro, sceglie la rendita mensile preferendo invece ritirare l’intero capitale maturato a seguito dei versamenti effettuati. Nonostante
queste doverosi chiarimenti, quanto detto dimostra che laddove le aziende
hanno inteso favorire alcune categorie di lavoratori, il problema
dell’aumento degli oneri sociali e, quindi, del costo del lavoro, non ha
suscitato scandalo. Inutile sottolineare che le categorie favorite sono
quelle stesse cui appartengono coloro che hanno il potere decisionale
all’interno delle imprese le cui preoccupazioni per i costi aziendali si
affievoliscono ogni qualvolta si tratti di difendere o allargare i propri
privilegi.
per ulteriori informazioni: atdalit@yahoo.it
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