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CONSIDERAZIONI POLITICHE E SINDACALI

Dalle riforme pensionistiche all'organizzazione del lavoro in Italia e in Europa. E non solo...

 

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IL PROLUNGAMENTO DELL’ETA’ CONSIDERATA PRODUTTIVA

 

Chi sostiene la necessità di riformare drasticamente il sistema previdenziale, prolungando il periodo di lavoro necessario per accedere al diritto alla pensione, basa le sue argomentazioni anche sul fatto che la prospettiva della vita media degli individui si è decisamente  allungata e che, grazie ai progressi della scienza medica, gli individui possono mantenere una condizione fisica e psichica ottimale fino in età avanzata. Si sostiene che oggi gli individui possono portare un efficace  contributo alle attività produttive anche dopo i 65 o 70 anni di età e che quindi la società deve valorizzare queste capacità dando ai lavoratori la possibilità di lavorare più a lungo. Di fatto questa preoccupazione di carattere “sociale”, che ci viene spacciata come interesse del sistema politico ed imprenditoriale a non emarginare gli individui ancora nel pieno delle loro capacità, nasconde l’obiettivo principale che è quello di abbattere il costo sociale delle pensioni che dovrebbero essere loro corrisposte riuscendo, ma solo in subordine al primo obiettivo, a “spremere” da questi lavoratori qualche altro anno di contributo professionale al sistema produttivo. Se si abbandona il quadro teorico disegnato da chi, per malafede o scarsa conoscenza di quanto avviene nel mondo del lavoro, sostiene queste posizioni, nella realtà quotidiana possiamo riscontrare che le aziende non vedono l’ora di potersi disfare di quei lavoratori che hanno superato non la soglia dei 60 anni di età ma bensì quella dei 50. Infatti, anche in conseguenza della larga diffusione dell’automazione quella che una volta veniva riconosciuta come esperienza professionale, frutto di lunghi anni di lavoro, viene ad assumere sempre minore valenza nella logica dell’impresa. Un cinquantenne la cui attività è oggi guidata da sistemi automatizzati può essere rapidamente sostituito da un giovane assunto con contratti capestro, soggetto al ricatto del bisogno di lavorare quindi più docile e remissivo rispetto alle pretese dell’impresa e, soprattutto, molto meno costoso rispetto al collega che andrà a sostituire.

Le teorie dei sostenitori della revisione del sistema previdenziale portano quindi all’unica drammatica conseguenza di creare una classe di ex-lavoratori in età a cavallo dei 50 anni che si trovano in una condizione di disoccupazione permanente e senza possibilità di accesso alla pensione.

 

 

per ulteriori informazioni: atdalit@yahoo.it