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Milano,
28 settembre 2001 Incontro con il Senatore Tiziano Treu
In
concomitanza con il Convegno organizzato a Milano dalla Fondazione Adecco
sull’esclusione sociale e sulle opportunità offerta dal lavoro
temporaneo, ho incontrato per una mezzora il Senatore Tiziano Treu. Di
seguito sintetizzo quanto emerso dal colloquio. 1.
Il Senatore Treu si è dichiarato consapevole dei problemi da noi
sollevati ed interessato alla nostra iniziativa. 2.
Il Senatore sostiene che il nostro problema, il problema dei 50enni
senza lavoro e senza pensione è ormai il primo problema a livello europeo
nel campo dell’occupazione. Un problema che sta ormai superando quello
della disoccupazione giovanile. Come mi aspettavo mi ha parlato di
compatibilità economiche del sistema, della necessità della
riqualificazione e formazione professionale necessaria a riallocarci nel
ciclo produttivo. Gli ho fatto notare che queste sono belle parole e bei
proponimenti la cui attuazione richiede anni di lavoro e che nel
frattempo, nel periodo di interregno, noi rischiamo di fare la fame. Lui
ha riconosciuto quanto dicevo ma in quanto a possibili soluzioni
all’orizzonte non se ne vodono. 3.
In quanto alle iniziative del nuovo Governo emerge che
l’Esecutivo non dimostra alcuna intenzione di confrontarsi, di discutere
con chicchessia le proprie scelte … loro vanno avanti per la loro
strada. I due Sottosegretari (Brambilla e Sacconi) incaricati sul fronte
Lavoro e Previdenza sembra abbiano idee chiarissime … libertà di
licenziamento e prolungamento dei tempi per l’accesso alla pensione 4.
Sul fronte delle previsioni di ciò che intende fare il Governo
sembra che non vi saranno iniziative peggiorative di quanto già
determinato dalle ultime riforme del sistema previdenziale. Il terreno su
cui probabilmente il Governo si muoverà sarà quello della abolizione o
ridimensionamento degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione,
mobilità, prepensionamenti) e degli incentivi alle aziende che accettano
di prolungare il rapporto di lavoro con dipendenti “maturi” di cui
vorrebbero disfarsi. 5.
Abbiamo concordato sul fatto che è necessario, indispensabile,
dare visibilità della nostra situazione senza arrenderci anche di fronte
ad una apparente indifferenza. Siamo nella società dell’immagine e
dobbiamo battere la strada della visibilità a tutti i costi. 6.
In conclusione il Senatore Treu mi ha comunque offerto la sua
disponibilità ad incontrarci, anche in delegazione, se e quando lo
riteniamo opportuno.
Armando
Rinaldi LETTERA APPELLO Siamo
cittadini italiani nati negli anni a cavallo dell’ultima guerra.
Qualcuno ci ha già catalogati: siamo i "figli del baby boom". Riconosciamo
che sulle nostre spalle gravano imperdonabili colpe. Abbiamo infatti
contribuito in modo determinante allo sviluppo economico e sociale del
paese andando a lavorare in giovane età, prestando la nostra opera per
trenta e più anni, rispettando norme e contratti, pagando puntualmente
tasse e contributi e partecipando ai sacrifici che ci sono stati spesso
richiesti per tenere in piedi la baracca. Con
i nostri contributi previdenziali si sono pagate le pensioni di chi non
aveva mai versato una lira, ogni possibile forma di assistenza, tanti
processi di ristrutturazione aziendale e, perché no, anche l’affitto di
appartamenti di lusso dei soliti noti. In
anni recenti politici, imprenditori, sindacalisti, economisti, ecc., hanno
deciso che è giunto il momento di farci pagare le nostre colpe ed in
particolare la nostra pretesa di accedere a quella pensione attesa per
decenni. Si
sono approvate quelle "riforme" che hanno spostato in là nel
tempo requisiti e scadenze
necessarie per maturare un nostro sacrosanto diritto, previsto dalle norme
che regolavano il rapporto di lavoro e costituivano parte obbligatoria e
integrante del contratto di lavoro stesso. Ma
non basta, non gli basta ancora. Non passa giorno che il Governatore della
Banca d’Italia (quello che non ama parlare delle pensioni dei dipendenti
del suo Ente), i rappresentanti degli imprenditori, alcuni politici ed
opinion leader non tornino all’attacco del sistema previdenziale
proponendo ulteriori interventi peggiorativi. Ci
spiegano che la vita media si è allungata, che siamo tutti in buona
salute e che possiamo protrarre il nostro contributo produttivo per molti
anni ancora. L’opinione pubblica viene preparata ad accettare nuovi
interventi "logici e razionali" diretti a sanare la maledetta
anomalia italiana delle "pensioni di anzianità". Ma
nelle aziende, in quelle stesse aziende i cui rappresentanti sono
portatori di queste posizioni, vediamo una realtà drammaticamente
contrastante con tali affermazioni. I
lavoratori cinquantenni vengono allontanati, incentivati ad andarsene
lasciando loro la "scelta" di accettare quattro lire o di essere
licenziati o relegati in attività mortificanti. In ogni processo di
ristrutturazione aziendale questa generazione di lavoratori è la prima a
pagare con la perdita del posto di lavoro. Ed il fenomeno tende ad
espandersi anche verso lavoratori più giovani. Già a 40-45 anni si
comincia ad essere considerati risorse "decotte", costose,
facilmente sostituibili con giovani che possono essere assunti a tempo,
con stipendi "iniziali" e contratti "flessibili",
tanto osteggiati in passato quanto selvaggiamente introdotti oggi. Occasionalmente,
quando un gruppo consistente di 40-50enni in pericolo di licenziamento
appare sulla ribalta politico-sindacale, vengono fatti degli accordi di
prepensionamento; per tutti gli altri, più anziani, più numerosi ma più
frammentati, non resta che l’oblio riservato ai cittadini di serie B. Usciti
dal processo produttivo per noi non esiste alcuna possibilità di trovare
un impiego e, mentre la società civile dibatte i problemi più astrusi,
nessuno si preoccupa del nostro dramma di uomini privati del diritto ad un
reddito, dei conflitti familiari indotti dalla nostra condizione,
dell’incertezza e dell’ansia con cui seguiamo ogni giorno le posizioni
di chi sta pensando come allontanare ancora di più nel tempo la scadenza
per il nostro diritto alla pensione. Nella
ricerca di una soluzione individuale ai nostri problemi, ricerca
osteggiata in mille modi dalle normative e dalla burocrazia, siamo andati
ad ingrossare le fila dei consulenti, dei piccoli commercianti, delle
partite IVA che si aprono e chiudono nel giro di una stagione, spesso con
l’unico risultato di dilapidare i pochi risparmi accumulati in una vita
di lavoro. A
livello istituzionale non siamo rappresentati da nessuno. Nessuna lobby
che contrasti quelle degli imprenditori, che difenda i nostri diritti.
Basti vedere i siti internet dei sindacati, ricchi di tutto meno che di
una pagina interna dedicata ai 50enni disoccupati o a rischio di
licenziamento. Dispersi
sul territorio, non più lavoratori e non ancora pensionati, non
rientriamo negli interessi dei politici in quanto non rappresentiamo una
massa elettorale ben definita ed affidabile. Qualcuno
ci ha definiti "i silenti" ed ha confidato nel fatto che in
mancanza della Previdenza ci saremmo affidati alla Provvidenza. Si
sono sbagliati. Noi riteniamo sia arrivato il momento di dire la nostra,
di fare capire che non siamo più disposti a pagare sulla nostra pelle
scelte interessate, scelte di cui un paese civile dovrebbe vergognarsi. Ci
stiamo cercando, alcuni di noi si sono già trovati. Vogliamo
organizzarci, fondare un comitato che si occupi dei nostri problemi, che
difenda i nostri diritti contro chi ha dimostrato di essere incapace di
gestire il denaro frutto del nostro lavoro e vuole continuare ad assumere
decisioni sulla nostra pelle. Internet è uno strumento utile per diffondere e fare conoscere il nostro lavoro. Siamo temporaneamente ospitati sul sito www.ilponte.it/pensioni.html cliccando sul riquadro che parla del sistema previdenziale e dei figli del baby boom. In alternativa chi fosse interessato può contattarci all’indirizzo: atdalit@yahoo.it
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